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venerdì 23 gennaio 2015

Teatro Azzurro, ultimo atto

Quartino, la compagnia dopo quasi un quarto di secolo è giunta a un bivio: o la sede o si chiude Teatro Azzurro, ultimo atto
 di David Leoni
Marinella Pawlowski, fondatrice e direttrice di questo progetto artistico e didattico rivolto ai giovani, non nasconde la sua amarezza: ‘Non voglio smettere, ma non ho altra scelta: così non si può più andare avanti!’ «Affrontare ancora una stagione
senza una sede fissa dove poter svolgere la nostra attività e sistemare il nostro materiale, con uno staff “itinerante”, con volontari che non si trovano proprio perché mancano gli spazi idonei è una sfida davvero difficile. O troviamo una soluzione, o a maggio potremmo anche chiudere per sempre il sipario». Cancellando, così, con un colpo di spugna, quasi 25 anni di storia. La drammatica denuncia arriva da Marinella Pawlowski, il cui nome è da sempre legato al Teatro Azzurro di Quartino, da lei fondato e diretto per quasi un quarto di secolo. A far morire il suo progetto artistico, nato nel 1991 e incentrato sui giovani (ragazzi dai 6 agli oltre vent’anni) potrebbe proprio essere la mancanza di un tetto. Il rischio di veder sparire questo patrimonio, frutto di migliaia di ore di lavoro, recite e prove sarebbe un piccolo delitto. Questa non è la sventura di una compagnia in perenne movimento. È, al contrario, un esempio luminoso di rigore, perseveranza e creatività accessibile a tutti. il Teatro Azzurro è una piccola fucina di cultura che piace (lo conferma il folto pubblico che sempre segue le rappresentazioni); non è monotematica, non è accondiscendente, non vuole fare proseliti, dà a ciascuno dei suoi giovani componenti la possibilità di riflettere e di elaborare le proprie convinzioni e competenze, di sviluppare la propria personalità, di maturare, di crescere, di formarsi come individuo prima ancora che come attore dilettante. È un progetto didattico collettivo, dalla chiara valenza educativa (e non selettiva, dal momento che ogni ragazzo, anche se timido o introverso, viene seguito e incoraggiato nel relazionarsi con gli altri e il pubblico), incentrato su quest’arte. Agendo sulle emozioni tocca le corde più profonde della vita sociale, arricchisce il linguaggio e la comunicazione, concorre alla formazione di una personalità armonica puntando sul divertimento. Sfumata l’idea di un piccolo polo culturale «In passato – racconta Marinella – facevamo capo alla vecchia scuola di Quartino. Purtroppo si è dovuto fare i bagagli. Con l’amministrazione del Comune del Gambarogno, in seguito, abbiamo intavolato delle discussioni. Avevamo proposto loro la creazione di un piccolo polo culturale in uno stabile che il Comune è in procinto di acquistare dall’esercito. Un’idea solamente abbozzata, ma subito sfumata…». Intanto, per sopravvivere, ci si arrangia in un locale a Contone, non adatto a questo genere di lavoro. Oltretutto l’affitto mensile è assai oneroso. «Mi spiace dirlo, ma siamo a un bivio. Abbiamo bisogno di un certo agio. Non voglio smettere, ma mi vedo quasi costretta a farlo. Non mi sto più divertendo come in passato. Sarei disposta anche a trasferire l’attività in altri comuni, qualora l’opportunità si presentasse». Insomma se non c’è più posto nel porto d’origine, allora si possono trovare altri approdi. ‘Il padrone del vapore’, una pièce di denuncia dei mali del consumismo Detto delle vicissitudini, due parole vanno senz’altro spese per il nuovo spettacolo che la compagnia Teatro Azzurro metterà in scena, grazie a 16 ragazzi, a partire da sabato 31 gennaio (la “prima” è in programma a Magadino, Sala comunale, con inizio alle 17). “Il padrone del vapore” – questo il titolo – è una denuncia di uno dei mali della nostra società: il consumismo, in tutte le sue implicazioni e sfaccettature (i rifiuti, la decrescita, il riciclaggio, il presunto benessere). Piccola nota curiosa: i costumi e la scenografia dello spettacolo sono stati fatti tutti con materiale riciclato. Repliche sono previste il 1° febbraio a Manno (Sala Aragonite, inizio alle 17), il 28 febbraio (alle 20) a Roveredo (Palestra comunale) e il 1° marzo, alle 17, al Palazzo dei Congressi di Muralto.

6 commenti:

  1. Ma perché non nel bell''oratorio di San Nazzaro?

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  2. Anche a Vira esiste un Oratorio. Perché non darlo a questi ragazzi? Forza, aiutateli e dimostrate buona voglia e buon senso

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  3. È le ex sale dei Consigli comunali di Vira e Magadino? È la ex sala del Patriziato di Magadino? Ma possibile che non ci sua veramente spazio? O manca la....buona voglia della autorità a trovare una soluzione?

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  4. L'oratorio di Vira sarebbe l'ideale. Manca però la sensibilità parrocchiale di un suo utilizzo a fini educativi.

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  5. Peccato Marinella,
    ma ti comprendo perfettamente.Un abbraccio solidale.

    Per i post sopra:

    Oratori, sale comunali, ecc non funzionano come spazi per queste organizzazioni.Vanno giusto bene per una conferenza o cose di quel genere.
    Quando hai finito chiudi la porta e restituisci la chiave.
    Se si parla del teatro:
    Le scenografie dove le mettiamo? Lo spazio per le prove?Il magazzino per tutto il materiale necessario tipo costumi,luci,mobilia,ecc?

    Non c'è verso di far capire che servono strutture idonee.
    Spazio libero e non intasato di appuntamenti d'agenda, cosa che costringe perennemente a smontare e rimontare, rivedere il programma (perché anche se si consegna un programma appena arriva qualcosa di nuovo gli si da la precedenza visto che gli spazi sono per tutti).

    Non c'è nemmeno la possibilità di creare "il nido", cioè quel punto dove tutti si ritrovano, con fotografie appese alle pareti, dove poter provare qualcosa appena si ha tempo ma che non è in agenda,.

    Il Teatro Azzurro purtroppo non è l'unico che ogni volta, per qualsiasi progetto, deve scalare montagne e fare i tripli salti carpiati per creare qualcosa.

    Non si vuole fare i "viziati" o gli esigenti, è pura e semplice organizzazione e buon senso.

    Se gli spazi sono adeguati,non si cerca il lusso ma solo la praticità, le società si possono anche accordare e organizzare tra loro.

    Ma sicuramente non 57 società nello stesso posto!

    Al momento tenere in vita qualcosa in modo serio e costruttivo, è sfinente e frustrante.

    Fino a quando tutto morirà e i nostri ragazzi andranno altrove.

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  6. In risposta ai post sopra:
    Di società che utilizzano l'oratorio di Vira c'è solo il cinema con le sue proiezioni invernali.
    Di posto per mettere vestiti e altra roba c'è nello spazio sotto.
    Così anche per "il nido", c'è il vano interno con la parete mobile.
    In più è in mezzo al nucleo, fha uno spazio ricreativo fuori....l'ideale insomma per dei bambini.
    Quel che manca è la volontà della parrocchia.... Dov'è finito lo spirito di Don Bosco?

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