Marchionne, Napoleone delle utilitarie
Nel 2011 ci saranno cinque/sei produttori mondiali di automobili. Il mercato è sempre più piccolo, possono sopravvivere (ma per quanto?) solo le aziende che si fondono tra loro. E' la versione automobilistica di Highlander, alla fine rimarrà in vita una sola casa (o forse nessuna). Il collasso dell'auto è storico, sistemico, non dipende dalla crisi, da un decennio vi è una contrazione mondiale delle vendite. Nel 2009 l'auto ha avuto un crollo di un terzo negli Stati Uniti e di un quarto in Europa. I titoli di Borsa sono andati a picco. La Fiat di Marchionne, il Napoleone delle utilitarie, è passata da un valore di 17,702 euro a 7,470. Gli aiuti di Stato alle società automobilistiche sono come le sovvenzioni alla stampa, soldi sprecati nel voler tenere in vita degli zombi economici. La Fiat vuole fondersi con la Chrysler, la Saab e la Opel. In Italia è presentato come un trionfo. Le fusioni hanno, come primo effetto, le ristrutturazioni. Da cinque stabilimenti si passa a due, da decine di migliaia di dipendenti si scende ad alcune migliaia. Viene chiamata efficienza. Adeguare le risorse produttive alla richiesta del mercato. Marchionne non ha forse scelta, ma con questa mossa salva, e forse incrementa, soprattutto il suo stipendio. Un risultato di tutto rispetto.Marchionne ha accennato a "una riduzione graduale della capacità produttiva". In pratica una eutanasia dolce delle fabbriche e degli operai. Ha senso investire soldi pubblici per licenziare, contrarre, chiudere? Il settore dell'auto non tornerà mai più ad essere quello che è stato in passato. Noi siamo i veri investitori, non la famiglia Agnelli. Noi cittadini, con le tasse trasformate in sussidi nazionali e europei dati a aziende senza prospettive di sviluppo. L'auto è il passato. Le energie rinnovabili, la rete e l'accesso alla conoscenza, i trasporti pubblici non inquinanti sono il futuro. Vogliamo davvero investire nella creazione di altre centinaia di milioni di auto? E' questa l'idea di sviluppo di chi ci governa? Ogni euro speso dallo Stato per l'economia deve creare un nuovo posto di lavoro, non un nuovo licenziamento.
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