Discorso di Giuliano Bignasca Primo agosto 2009 Sonogno
Quando viene attaccata, una nazione degna di questo nome risponde con le armi adeguate.
Quando viene invaso, un Paese che abbia qualcuno di decente al governo risponde mandando l'Esercito verso le frontiere. Ma la Svizzera, che si trova in stato di guerra da oltre un anno continua a porgere l'altra guancia. Ed a furia di offrire l'altra guancia siamo rimasti senza la faccia.
La misura è colma. Non da oggi .
Nel giorno in cui si dovrebbe festeggiare il "Natale della Patria", io non ho alcuna intenzione di celebrarne il funerale. Perché nella Svizzera, nel Ticino, nella gente di questa terra credo e continuo a credere. Non credo invece ad una parola di quel che ci viene raccontato né da Bruxelles né da Washington né da Parigi né da Roma: in un modo o nell'altro, tutti vogliono spolpare la Svizzera. E non credo nemmeno a Berna, la Berna che getta miliardi di franchi verso l'estero senza ottenere nulla in cambio, la Berna che fa sfilare tre fighe di gesso - spendendo milioni - da una capitale all'altra, la Berna che si prostra davanti ad un qualunque politicuzzo straniero se appena quest'ultimo alza la voce. I fatti, i semplici fatti continuano a darci ragione per tutto quel che abbiamo detto e scritto da quasi 20 anni a questa parte. Ed allora: la misura è colma, si passa alla controffensiva, piombo al piombo, e non si fanno prigionieri.
Trattati come gli ultimi dei plebei
Berna tratta il Ticino come se fossimo pezzenti: pensiamo alle ingerenze nella pianificazione del territorio, alla totale latitanza nella politica di controllo alle frontiere che genera, oltre a tutto, la totale insicurezza degli svizzeri per il loro posto di lavoro e lascia migliaia di nostri giovani senza certezze per il futuro, all'assoluta incapacità di generare una politica agricola rispettosa delle nostre esigenze. Pensiamo al rifiuto sistematico di prendere in considerazione il raddoppio della galleria autostradale al San Gottardo; pensiamo alle misere cifre che ci vengono riversate sugli oltre 800 milioni di franchi in tasse e dazi sul carburante che il Ticino paga ogni anno ed agli altrettanto miseri contributi che ci vengono riversati dalla tassa sul traffico pesante, di cui il Ticino sopporta ogni possibile disagio; pensiamo alla fiscalità opprimente in materia di sale da gioco (così stando le cose, tanto vale che i casinò vengano chiusi). Pensiamo all'indisponibilità a difendere il Ticino contro pericoli la cui gravità si vedeva e si vede da lontano: il Ticino della Lega è stato obbligato a lanciare un'iniziativa popolare per far ancorare il segreto bancario nella Costituzione, a tutela della piazza finanziaria, del benessere e delle centinaia di migliaia di posti di lavoro che la stessa piazza finanziaria genera, quando invece ad agire in questo senso sarebbe dovuto essere il Consiglio federale.
Sempre a discapito del Ticino
Pensiamo anche all'assenza di sensibilità a proposito delle ricadute fiscali da alcune aziende nazionali e multinazionali che producono utili da centinaia di milioni di franchi, ma che non pagano praticamente un centesimo di imposte in àmbito cantonale. Non è una novità, certo; ma ciò è indizio e segno dell'assurda sperequazione esistente nei flussi finanziari da Bellinzona verso Berna e da Berna verso Bellinzona. Non riusciamo nemmeno a sapere, a distanza di anni ed anni, come stiano veramente le cose sui flussi finanziari fra Ticino e Berna o quanta imposta sul valore aggiunto il Ticino versa a Berna o quanti soldi si rapinano in Ticino per l'Imposta federale diretta, che - di transenna - sarebbe dovuta sparire da oltre 20 anni. E non è l'unica lacuna: a conti fatti mandiamo a Berna due miliardi in più ogni anno rispetto a quanto riceviamo. Berna, se possibile, riesce anche a fare di peggio. Berna ci dice di arrangiarci, letteralmente di arrangiarci con i nostri mezzi, nella politica dei cosiddetti "rifugiati": ne arrivano da ogni dove, persino da Paesi che non esistono sulla carta geografica, ed il 90 per cento delle istanze sarebbe da respingersi prima ancora che esse vengano presentate. Ci hanno trascinato nell'abbraccio mortale dei "Bilaterali", contro i quali la Lega ha combattuto - ancora una volta da sola - una battaglia senza quartiere con le nostre sole forze, proprio da qui, in nome dell'intera Svizzera.
Dai “Bilaterali” la nostra condanna
Ma secondo Berna va tutto a meraviglia, mentre il Ticino affonda sotto il peso di quasi 20'000 disoccupati "reali" e di migliaia di giovani senza lavoro, di un "dumping" salariale che spunta fuori da ogni angolo, di un traffico veicolare da asfissia. Ah, questa del traffico è da spettacolo. Come soluzione ci offrono l'"AlpTransit": un buco finanziario tutto sulle nostre spalle e tutto a nostro carico; un buco finanziario le cui proporzioni vengono negate con ostinazione; un buco finanziario che ha arricchito soltanto le imprese straniere; un buco finanziario le cui proporzioni vengono negate con ostinazione; un buco finanziario, infine, a cui manca a tutt'oggi un progetto credibile e finanziariamente sostenibile per un raccordo con l'Italia. Come altra soluzione ci parlano del futuro collegamento della Mendrisio-Stabio-Varese-Gallarate-Malpensa. Dicono che tutti noi dobbiamo usare i mezzi pubblici, e ne volete sapere una? All'inaugurazione del cantiere italiano per la ferrovia transfrontaliera c'era un nostro cronista: l'unico, tra tutti i presenti, a giungere sul posto con il treno...
La strategia perenne dello “State zitti”
L'unica politica che Berna applica verso il Ticino è quella del terrore: "Non potete fare così, altrimenti... Non azzardatevi a contraddirci, altrimenti... Non prendete iniziative, altrimenti...". Beh, questo sta a significare almeno una cosa: che i consiglieri federali, sempre in preda alla personalissima "sindrome di Stoccolma", degli aguzzini stranieri ne hanno ormai acquisito anche le abitudini ed i toni. Ci vogliono ridurre ad una colonia, ecco tutto: secondo loro dovremmo stare zitti dopo che hanno terremotato il sistema bancario nazionale, l'Esercito, la piccola e la media industria, il commercio tradizionale; dopo che hanno permesso ai grandi "manager" di demolire società come la "Swissair"; dopo che hanno trasformato tre Regìe federali efficienti (quali Posta, Swisscom e Ffs) esternalizzando gli utili e facendo tuttavia ricadere i debiti sulla collettività; dopo che hanno svenduto la bandiera; dopo che hanno regalato decine di miliardi di franchi ad altri Stati in "fondi per la coesione"; dopo che hanno dispensato altri miliardi in prebende "per promuovere la democrazia"... senza cavare un franco dalle loro tasche, ma prelevandone a manciate dalle nostre.
E noi dovremmo avere paura?
Solo uno psichiatra, ma di quelli bravi bravi, saprebbe dirvi per quale ragione tutto ciò sia stato fatto da costoro. Forse per essere i primi della classe, forse perché hanno sempre paura. In entrambi i casi, essi hanno dimostrato di essere inutili: i primi della classe costituiscono un lusso, i codardi non ci servono. E codardi sono, dal momento che si fanno mettere paura dagli Stati Uniti che negli ultimi decenni sono incappati in disastri inimmaginabili ogni volta che ha provato ad agire "manu militari". Cioè: dovremmo avere paura delle ritorsioni degli americani, quelli che partono con l'esercito e le buscano regolarmente? Dovremmo avere paura di personaggi che in sei settimane volevano "ripulire" l'Iraq, e sono ancora là dopo cinque anni, ed ogni mese devono rimpatriare decine di soldati in una cassa di mogano? Dovremmo avere paura di soggetti che non sono riusciti a gestire la guerra in Afghanistan, tanto che buona parte del territorio è tornato nelle mani dei talebani? Di che cosa dovremmo avere paura, noi? I nostri antenati non avevano paura di nulla.
Ci si può difendere, purché lo si voglia
È tempo di iniziare a mostrare i muscoli; la Svizzera non deve essere preda di squali e di imbonitori. Si vuole fare qualcosa? Bene, si taglino da sùbito le regalie verso l'estero e si esiga immediatamente il rientro di almeno il 50 per cento dei prestiti concessi in stato di alterazione mentale, ed ecco finanziato un bel piano di armamento su base quinquennale, a cinque miliardi di franchi l'anno. Non abbiamo forse tutta la tecnologia che ci serve? Non è questa la Svizzera della "Sulzer", della "Abb", dei supercalcolatori e del Cern di Ginevra? Anziché regalare soldi a destra ed a sinistra, regaliamoli a noi stessi e mettiamo a frutto le conoscenze in materia. A che ci serve un piano di armamento? A poter dire, come fanno i coreani del nord ed i pakistani e gli israeliani (e non solo loro), che ci stiamo dotando dell'atomica, e che qualche testata nucleare sarà sempre pronta contro chi umilia la nostra popolazione. Dopodiché incominceremo a discutere di segreto bancario e di altre banalità del genere.
Indisponibili a subire altre vessazioni
Messaggio a lorsignori del Consiglio federale: che nessuno di voi si azzardi più a romperci le palle; altrimenti, un venerdì sì e l'altro anche, vi bloccheremo tutte le vie di trasporto, sì, quelle vie di cui ci avete riempito il Ticino in nome di un certo federalismo a senso unico e che, così com'è oggi, è un'offesa ai nostri padri. Sia chiaro: saranno dolori per tutti, se non verranno rapidamente introdotti seri cambiamenti. Ma soprattutto saranno dolori per quelli che a Berna pensano di "gestirci". Il Ticino non è più disposto a farsi governare su simili basi; mentre aspettiamo sempre che venga rispettato quel che sta scritto nella Costituzione, e quindi pretendiamo che al più presto vi sia di nuovo un consigliere federale ticinese, ma non con la mentalità da svizzero-tedesco. Le prossime tornate elettorali ci diranno se qualcuno ha capito che in Ticino la corda è ormai troppo tesa; di certo qualcuno non l'ha capito, come dimostra la pubblicazione su alcuni quotidiani - proprio ieri - di un delirante appello alla Svizzera affinché si affretti ad entrare nell'Unione europea. Tra i firmatari abbiamo trovato anche un certo Dick Marty: se queste sono le persone che dovrebbero difendere a Berna i diritti del Ticino e dei ticinesi, stiamo freschi. Sacri principi, contingenti necessità A proposito:
il nostro prossimo programma politico cancellerà almeno il 50 per cento delle imposizioni che un Governo federale pavido ed incompetente crede di poter imporre alle cittadine ed ai cittadini del Ticino, e non solo del Ticino dal momento che tanti altri Cantoni si trovano nella nostra stessa situazione. Quella della libertà individuale e dei valori storici è l'unica Svizzera il cui Primo agosto siamo disposti a festeggiare, e che vogliamo festeggiare. O con noi, o contro di noi. Ed ora, che il "nostro" sia un grande, grandioso Primo agosto.tinews
Quando viene attaccata, una nazione degna di questo nome risponde con le armi adeguate.
Quando viene invaso, un Paese che abbia qualcuno di decente al governo risponde mandando l'Esercito verso le frontiere. Ma la Svizzera, che si trova in stato di guerra da oltre un anno continua a porgere l'altra guancia. Ed a furia di offrire l'altra guancia siamo rimasti senza la faccia.
La misura è colma. Non da oggi .
Nel giorno in cui si dovrebbe festeggiare il "Natale della Patria", io non ho alcuna intenzione di celebrarne il funerale. Perché nella Svizzera, nel Ticino, nella gente di questa terra credo e continuo a credere. Non credo invece ad una parola di quel che ci viene raccontato né da Bruxelles né da Washington né da Parigi né da Roma: in un modo o nell'altro, tutti vogliono spolpare la Svizzera. E non credo nemmeno a Berna, la Berna che getta miliardi di franchi verso l'estero senza ottenere nulla in cambio, la Berna che fa sfilare tre fighe di gesso - spendendo milioni - da una capitale all'altra, la Berna che si prostra davanti ad un qualunque politicuzzo straniero se appena quest'ultimo alza la voce. I fatti, i semplici fatti continuano a darci ragione per tutto quel che abbiamo detto e scritto da quasi 20 anni a questa parte. Ed allora: la misura è colma, si passa alla controffensiva, piombo al piombo, e non si fanno prigionieri.
Trattati come gli ultimi dei plebei
Berna tratta il Ticino come se fossimo pezzenti: pensiamo alle ingerenze nella pianificazione del territorio, alla totale latitanza nella politica di controllo alle frontiere che genera, oltre a tutto, la totale insicurezza degli svizzeri per il loro posto di lavoro e lascia migliaia di nostri giovani senza certezze per il futuro, all'assoluta incapacità di generare una politica agricola rispettosa delle nostre esigenze. Pensiamo al rifiuto sistematico di prendere in considerazione il raddoppio della galleria autostradale al San Gottardo; pensiamo alle misere cifre che ci vengono riversate sugli oltre 800 milioni di franchi in tasse e dazi sul carburante che il Ticino paga ogni anno ed agli altrettanto miseri contributi che ci vengono riversati dalla tassa sul traffico pesante, di cui il Ticino sopporta ogni possibile disagio; pensiamo alla fiscalità opprimente in materia di sale da gioco (così stando le cose, tanto vale che i casinò vengano chiusi). Pensiamo all'indisponibilità a difendere il Ticino contro pericoli la cui gravità si vedeva e si vede da lontano: il Ticino della Lega è stato obbligato a lanciare un'iniziativa popolare per far ancorare il segreto bancario nella Costituzione, a tutela della piazza finanziaria, del benessere e delle centinaia di migliaia di posti di lavoro che la stessa piazza finanziaria genera, quando invece ad agire in questo senso sarebbe dovuto essere il Consiglio federale.
Sempre a discapito del Ticino
Pensiamo anche all'assenza di sensibilità a proposito delle ricadute fiscali da alcune aziende nazionali e multinazionali che producono utili da centinaia di milioni di franchi, ma che non pagano praticamente un centesimo di imposte in àmbito cantonale. Non è una novità, certo; ma ciò è indizio e segno dell'assurda sperequazione esistente nei flussi finanziari da Bellinzona verso Berna e da Berna verso Bellinzona. Non riusciamo nemmeno a sapere, a distanza di anni ed anni, come stiano veramente le cose sui flussi finanziari fra Ticino e Berna o quanta imposta sul valore aggiunto il Ticino versa a Berna o quanti soldi si rapinano in Ticino per l'Imposta federale diretta, che - di transenna - sarebbe dovuta sparire da oltre 20 anni. E non è l'unica lacuna: a conti fatti mandiamo a Berna due miliardi in più ogni anno rispetto a quanto riceviamo. Berna, se possibile, riesce anche a fare di peggio. Berna ci dice di arrangiarci, letteralmente di arrangiarci con i nostri mezzi, nella politica dei cosiddetti "rifugiati": ne arrivano da ogni dove, persino da Paesi che non esistono sulla carta geografica, ed il 90 per cento delle istanze sarebbe da respingersi prima ancora che esse vengano presentate. Ci hanno trascinato nell'abbraccio mortale dei "Bilaterali", contro i quali la Lega ha combattuto - ancora una volta da sola - una battaglia senza quartiere con le nostre sole forze, proprio da qui, in nome dell'intera Svizzera.
Dai “Bilaterali” la nostra condanna
Ma secondo Berna va tutto a meraviglia, mentre il Ticino affonda sotto il peso di quasi 20'000 disoccupati "reali" e di migliaia di giovani senza lavoro, di un "dumping" salariale che spunta fuori da ogni angolo, di un traffico veicolare da asfissia. Ah, questa del traffico è da spettacolo. Come soluzione ci offrono l'"AlpTransit": un buco finanziario tutto sulle nostre spalle e tutto a nostro carico; un buco finanziario le cui proporzioni vengono negate con ostinazione; un buco finanziario che ha arricchito soltanto le imprese straniere; un buco finanziario le cui proporzioni vengono negate con ostinazione; un buco finanziario, infine, a cui manca a tutt'oggi un progetto credibile e finanziariamente sostenibile per un raccordo con l'Italia. Come altra soluzione ci parlano del futuro collegamento della Mendrisio-Stabio-Varese-Gallarate-Malpensa. Dicono che tutti noi dobbiamo usare i mezzi pubblici, e ne volete sapere una? All'inaugurazione del cantiere italiano per la ferrovia transfrontaliera c'era un nostro cronista: l'unico, tra tutti i presenti, a giungere sul posto con il treno...
La strategia perenne dello “State zitti”
L'unica politica che Berna applica verso il Ticino è quella del terrore: "Non potete fare così, altrimenti... Non azzardatevi a contraddirci, altrimenti... Non prendete iniziative, altrimenti...". Beh, questo sta a significare almeno una cosa: che i consiglieri federali, sempre in preda alla personalissima "sindrome di Stoccolma", degli aguzzini stranieri ne hanno ormai acquisito anche le abitudini ed i toni. Ci vogliono ridurre ad una colonia, ecco tutto: secondo loro dovremmo stare zitti dopo che hanno terremotato il sistema bancario nazionale, l'Esercito, la piccola e la media industria, il commercio tradizionale; dopo che hanno permesso ai grandi "manager" di demolire società come la "Swissair"; dopo che hanno trasformato tre Regìe federali efficienti (quali Posta, Swisscom e Ffs) esternalizzando gli utili e facendo tuttavia ricadere i debiti sulla collettività; dopo che hanno svenduto la bandiera; dopo che hanno regalato decine di miliardi di franchi ad altri Stati in "fondi per la coesione"; dopo che hanno dispensato altri miliardi in prebende "per promuovere la democrazia"... senza cavare un franco dalle loro tasche, ma prelevandone a manciate dalle nostre.
E noi dovremmo avere paura?
Solo uno psichiatra, ma di quelli bravi bravi, saprebbe dirvi per quale ragione tutto ciò sia stato fatto da costoro. Forse per essere i primi della classe, forse perché hanno sempre paura. In entrambi i casi, essi hanno dimostrato di essere inutili: i primi della classe costituiscono un lusso, i codardi non ci servono. E codardi sono, dal momento che si fanno mettere paura dagli Stati Uniti che negli ultimi decenni sono incappati in disastri inimmaginabili ogni volta che ha provato ad agire "manu militari". Cioè: dovremmo avere paura delle ritorsioni degli americani, quelli che partono con l'esercito e le buscano regolarmente? Dovremmo avere paura di personaggi che in sei settimane volevano "ripulire" l'Iraq, e sono ancora là dopo cinque anni, ed ogni mese devono rimpatriare decine di soldati in una cassa di mogano? Dovremmo avere paura di soggetti che non sono riusciti a gestire la guerra in Afghanistan, tanto che buona parte del territorio è tornato nelle mani dei talebani? Di che cosa dovremmo avere paura, noi? I nostri antenati non avevano paura di nulla.
Ci si può difendere, purché lo si voglia
È tempo di iniziare a mostrare i muscoli; la Svizzera non deve essere preda di squali e di imbonitori. Si vuole fare qualcosa? Bene, si taglino da sùbito le regalie verso l'estero e si esiga immediatamente il rientro di almeno il 50 per cento dei prestiti concessi in stato di alterazione mentale, ed ecco finanziato un bel piano di armamento su base quinquennale, a cinque miliardi di franchi l'anno. Non abbiamo forse tutta la tecnologia che ci serve? Non è questa la Svizzera della "Sulzer", della "Abb", dei supercalcolatori e del Cern di Ginevra? Anziché regalare soldi a destra ed a sinistra, regaliamoli a noi stessi e mettiamo a frutto le conoscenze in materia. A che ci serve un piano di armamento? A poter dire, come fanno i coreani del nord ed i pakistani e gli israeliani (e non solo loro), che ci stiamo dotando dell'atomica, e che qualche testata nucleare sarà sempre pronta contro chi umilia la nostra popolazione. Dopodiché incominceremo a discutere di segreto bancario e di altre banalità del genere.
Indisponibili a subire altre vessazioni
Messaggio a lorsignori del Consiglio federale: che nessuno di voi si azzardi più a romperci le palle; altrimenti, un venerdì sì e l'altro anche, vi bloccheremo tutte le vie di trasporto, sì, quelle vie di cui ci avete riempito il Ticino in nome di un certo federalismo a senso unico e che, così com'è oggi, è un'offesa ai nostri padri. Sia chiaro: saranno dolori per tutti, se non verranno rapidamente introdotti seri cambiamenti. Ma soprattutto saranno dolori per quelli che a Berna pensano di "gestirci". Il Ticino non è più disposto a farsi governare su simili basi; mentre aspettiamo sempre che venga rispettato quel che sta scritto nella Costituzione, e quindi pretendiamo che al più presto vi sia di nuovo un consigliere federale ticinese, ma non con la mentalità da svizzero-tedesco. Le prossime tornate elettorali ci diranno se qualcuno ha capito che in Ticino la corda è ormai troppo tesa; di certo qualcuno non l'ha capito, come dimostra la pubblicazione su alcuni quotidiani - proprio ieri - di un delirante appello alla Svizzera affinché si affretti ad entrare nell'Unione europea. Tra i firmatari abbiamo trovato anche un certo Dick Marty: se queste sono le persone che dovrebbero difendere a Berna i diritti del Ticino e dei ticinesi, stiamo freschi. Sacri principi, contingenti necessità A proposito:
il nostro prossimo programma politico cancellerà almeno il 50 per cento delle imposizioni che un Governo federale pavido ed incompetente crede di poter imporre alle cittadine ed ai cittadini del Ticino, e non solo del Ticino dal momento che tanti altri Cantoni si trovano nella nostra stessa situazione. Quella della libertà individuale e dei valori storici è l'unica Svizzera il cui Primo agosto siamo disposti a festeggiare, e che vogliamo festeggiare. O con noi, o contro di noi. Ed ora, che il "nostro" sia un grande, grandioso Primo agosto.tinews
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