martedì 5 giugno 2012

«Non uccidiamo la tradizione»

Testo:Patrick Mancini Foto: Annick Romanski
Waldis Ratti è un ristoratore molto noto nel Gambarogno. Per la sua lingua tagliente, per il suo impegno politico, ma soprattutto per le sue rassegne artistico-culturali come quella dei «Presepi a Vira».
Si infila la sigaretta in bocca, il fumo piano piano gli avvolge il viso. Con quella camicia semiaperta, quelle sopracciglia a punta e quella macchia scura sulla guancia sinistra, Waldis Ratti sembra un personaggio uscito da un romanzo di Salgari. Ci aspetta sulla porta del «Rodolfo», il suo ristorante di Vira, storico ritrovo del Gambarogno che lui porta avanti dal 1979. Là dentro tutto, o quasi, è rimasto come un tempo. «Da qui sono passati uomini importanti, dal presidente del Consiglio italiano Monti all’ex consigliere federale Villiger. Ma anche intellettuali, artisti di ogni genere, persino il nunzio apostolico…».

Figlio del noto scultore Edgardo Ratti, Waldis, 55 anni e una lingua che taglierebbe il ferro, per la regione è diventato un punto di riferimento, l’uomo a cui confidare i segreti più intimi. È conosciuto per essere presidente dell’associazione Gambarogno Arte e co-organizzatore della rassegna «Presepi a Vira», ma soprattutto per la sua attività di esercente. Chi va da lui viene accolto in un edificio di fine ’700, ereditato dalla madre. Entra e sulla sinistra trova un grande tavolo di legno, un caminetto, una sfilza di macinini da caffè, un fucile appeso al muro, accanto al quadro della bisnonna. 


«È qui che nelle serate d’inverno i miei amici si radunano davanti a un bicchiere di vino. Lo so, sembra di essere in una casa privata, i nuovi clienti infatti a volte esitano a entrare. Non c’è nemmeno la televisione qui, la porto solo quando ci sono votazioni o Mondiali di calcio». Che tipo strambo, questo signor Waldis, a tratti sembra avercela con il mondo, in altri momenti è mansueto come un agnellino. «Sono sempre stato uno che spara fuori tutto quello che pensa e spesso ne ho pagato le conseguenze». Anche quando faceva parte dell’ente turistico del Gambarogno, lui che con i turisti convive per buona parte dell’anno. Basta un accenno al tema e parte in quinta: «Non è possibile che per andare a visitare certi luoghi paghi un occhio della testa e nemmeno ti lasciano andare gratuitamente al gabinetto. E che succede quando piove? Ti affittano un ombrello. O te lo vendono. Capite che qualcosa non quadra?».

Opinioni pungenti di un uomo che ha girato il mondo. 
L’apprendistato di cuoco ad Ascona, le esperienze a Zurigo e in Romandia. E ancora viaggi come quello in Brasile e ad Haiti. «Il Brasile proprio non mi è piaciuto, stava prendendo una piega troppo artificiale e commerciale, trovo che non ci si debba mettere in ginocchio per forza di fronte ai turisti. Così si uccide la tradizione. Purtroppo è un problema globale: oggi in Ticino ci si meraviglia se uno fa la polenta nel camino, si reclama se suonano le campane… Stiamo perdendo parecchio». Poi si interrompe: «Dai, basta polemiche, venite che andiamo a fare un giro nel mio labirinto».

Waldis ci invita a seguirlo nel locale accanto. Lì c’era la «bottega» e il portone che dà sulla strada è ancora quello di una volta. Una scala ci porta giù, sotto terra, nella stanza dedicata agli incontri goliardici e segreti, con centinaia di bottiglie come contorno. «La gente che viene a mangiare qui cerca cibi nostrani, pesce, polenta. Io vado pazzo per i clienti che si interessano veramente di cosa stanno mangiando, mi sento gratificato quando mi chiedono quali ingredienti ho usato».

Tornando in superficie, ci imbattiamo in una scultura di papà Edgardo. «Lui mi ha trasmesso la passione per le cose belle. Per l’estetica in generale. Ma io non sono un artista, non ne ho le caratteristiche. Preferisco organizzare delle esposizioni, delle mostre all’aperto. Perché sono convinto che la cultura faccia bene alla mente dell’uomo e debba essere patrimonio di tutti».
Sposato con Bea, padre di due figlie, Waldis ha dedicato la vita al suo ristorante. «E posso ritenermi fortunato. Questo è un lavoro che ti succhia tutte le energie, ti fa staccare dalla famiglia.  Da quando mi occupo del “Rodolfo” non mi sono mai assentato per più di quattro giorni consecutivi. Sono sacrifici».

Quando gli chiediamo dei presepi, i suoi occhi brillano, come se fossero invasi da un velo di commozione. «Non sono molto amico della Chiesa, però il presepe rappresenta una tradizione affascinante. L’idea di creare una rassegna è nata qui, al “Rodolfo”, 22 anni fa. Era un modo per valorizzare i presepi fatti dai bambini delle scuole, piazzandoli per le vie di Vira. Sì, ancora una volta la strada come luogo espositivo, è una costante nel mio pensiero».

È un piccolo museo, il Rodolfo, apri un cassetto e trovi documenti di ogni genere: ritagli di giornale, fotografie, interpellanze comunali vecchie di 30 anni. «Perché io ho fatto anche politica, due legislature in Consiglio comunale e tre in Municipio. Prima ero nei liberali, poi in un gruppo indipendente. Oggi non vorrei essere nei panni di chi si trova a gestire il nuovo territorio derivato dalla fusione, troppo eterogeneo per avere un’identità ben definita». Velenoso, il Waldis. «Siamo in una zona di confine eppure abbiamo pochi rapporti con Maccagno o Luino. E che dire di Locarno? Con loro è difficile collaborare». Usciamo nel cortile. Waldis si accende un’altra sigaretta e abbozza un sorriso. «Ci vuole poco per calmarmi. Sono un bonaccione in fondo, ho sempre scherzato. Tanta gente oggi non sa più scherzare, non ride più». Mentre il fumo avvolge di nuovo il suo viso, si sistema le sopracciglia.

1 commento:

  1. Le cose vanno storte adesso ci sono i motori eletrici che pompano l'acqua prelevata sotteranea e la pompano in salita con un grade consumo di energia elettrica era meglio prima l'acqua arrivava dalle sorgenti alpine e era vera cristallina.
    No voglio dire male ma l'acqua prelevata sotterana con tutti i diserbanti sparsi sali stradali concimi chimici fertilizzanti pesticidi perdite di carburanti ceneri sparse SIA BUONA anche se é trattata con UV.
    I raggi uv uccidono solo i microorganismi, non elimina il piombo e l'arsenico tracce di ogni concime sparso sul terreno e cromo e prodotti per la pulizia che entrano nel terreno sempre di piu'.

    Lasciate almeno bere l'acqua del gambarogno pura e cristallina e nella discesa produce ancora CORRENTE ELETTRICA !

    E' come gustare un buon bichiere di vino ticinese non comperato al supermercato.

    Achi.

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