DA TSI NEWS
Gli inquirenti hanno ricostruito l’intera sequenza dei fatti che, nella notte tra il 29 e il 30 gennaio, causarono l’incendio sul Monte Gambarogno, tuttora in fase di spegnimento. E i dettagli emersi dall’inchiesta hanno, a dir poco, del rocambolesco.
Partiti dall’Alpe di Neggia, i due giovani svittesi stavano ormai per rientrare. Dopo avere percorso la cresta decisero di bivaccare poco sotto, senza sapere – hanno dichiarato a verbale – dell’esistenza del divieto di accendere fuochi all’aperto. In piena notte vennero svegliati proprio dalle fiamme, che credevano di avere spento. Prima provarono a domarle con acqua e scarponi. Poi si incamminarono verso l’automobile.
Lungo il tragitto provarono a contattare i pompieri, digitando sul telefonino “Feuerwehr Tessin”. Il motore di ricerca fornì loro il numero della caserma della città di Tessin, in Germania. E i due, senza accorgersi dell’omonimia, lanciarono la chiamata. Chiamata subito interrotta, appena videro che i soccorsi si erano già attivati.
Il 26enne e il 28enne speravano così di non essere individuati. Incendio colposo il reato di cui ora devono rispondere. Durante l’interrogatorio entrambi hanno fornito piena collaborazione, esprimendo anche profondo rincrescimento per quanto successo.
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