giovedì 4 aprile 2024

Noah Manni, il ragazzo di Centocampi: «Non chiamatemi selvatico!»

Alla scoperta di un giovane agricoltore gambarognese che porta avanti la sua azienda biologica… senza strada né corrente elettrica. 

 «Se ho scelto di fare il contadino è perché sono innamorato di questo lavoro sin da bambino». La frase con la quale Noah Manni, 24 anni compiuti da poco, inizia il nostro incontro è una di quelle dichiarazioni d’amore che si sentono sempre più raramente. «Sono nato e cresciuto a Locarno, da genitori non agricoltori, ma passavo le estati dai nonni nella loro casa di Menzonio. Com’è come non è, a 12 anni mi sono ritrovato a fare il “bocia” all’alpe Zaria, dalla famiglia Tabacchi. La scelta, una volta finite le Medie, non è quindi stata difficile». Invece del treno per Mezzana, Noah scelse però di va- licare il Gottardo e approdare a Zollikofen per svolgere i canonici tre anni di apprendistato da “Landwirt”. Tor- nato in Ticino venne a sapere che un’azienda nel Gam- barogno cercava qualcuno che la portasse avanti e… il resto è storia, condita di quel pizzico di coraggio giova- nile, talvolta confuso con l’incoscienza, che lo ha porta- to a riprendere un’azienda agricola a soli 19 anni. Da Walter a Noah Centocampi, altro nome dei Monti di Caviano, ha fat- to rima per ben 43 anni con Walter Keller, selvicoltore e carpentiere con l’hobby dell’agricoltura, emigrato da San Gallo all’estremità occidentale del Gambarogno e per decenni responsabile dell’azienda. Oggi si gode la pensione, pur vivendo ancora per buona parte dell’anno ai “suoi” Centocampi.

«Quando Walter è arrivato qui, negli anni Settanta, i prati terrazzati che vediamo oggi erano già in buona parte invasi dal bosco. Ha fatto un lavoro impressionan- te, disboscando senza pausa fino ad arrivare agli attuali 13 ettari; con i castagni tagliati ha poi costruito la stal- la! Per me lui è stato molto importante, soprattutto agli inizi, anche se siamo un po’ agli opposti: lui era più ide- alistico, mentre io guardo anche al lato “commerciale”. Questo è un posto bellissimo e me ne prendo cura vo- lentieri, ma secondo me curare il paesaggio e puntare a mettere nel piatto della gente qualcosa di buono posso- no andare a braccetto, anche perché i lavori da fare per ottenere una buona produzione (sfalci, cura del margine boschivo, gestione delle piante infestanti) portano quasi automaticamente ad avere dei terreni in ordine». Se per Noah il principale obiettivo dei prossimi anni è l’acquisto della stalla, per il quale si stanno definen- do gli ultimi passi col Patriziato di Caviano, l’altra idea che gli frulla nella testa è di poter aumentare il nume- ro di capre. «Walter aveva vacche nutrici e pecore e produceva car- ne, ma io ho cambiato le cose, portando su mucche e capre da latte e affiancando alla stalla un piccolo contai- ner ad uso caseificio. Attualmente produco formaggio a pasta semidura (talvolta solo vaccino, tavolta misto), formagelle e ogni tanto qualche mascarpa, oltre ai büs- cion, alla carne e alla salumeria. Nonostante la superfi- cie dei pascoli non possa aumentare, 13 ettari sono e 13 rimangono, le capre permettono di valorizzare anche i magri boschi gambarognesi, trasformando in formaggio e carne anche castagne, ghiande, rovi e arbusti, frenan- do al contempo l’avanzata del bosco».Fuori dal mondo Se i verbi sono diventati al plurale è perché, a dividere con Noah la piccola casa presa in affitto a Centocampi, c’è anche la sua compagna Sofia, cresciuta in ambiente contadino, è figlia dell’agricoltore valmaggese Giorgio Speziale, ma impiegata come infermiera dall’altro lato del Verbano. Anche Noah deve però scendere regolar- mente per andare a lavorare, girando il Ticino (ma non solo) in qualità di ispettore per Bioinspecta. «L’avere un lavoro retribuito è stata quasi una scelta ob- bligata. Probabilmente potrei campare anche solo con i miei prodotti e i contributi diretti, ma mi ritengo ambi- zioso: se un giorno vorrò concretizzare alcune migliorie all’azienda, serviranno giocoforza i soldi. E poi uscire ogni tanto dall’isolamento mi piace: quassù da fare ne avrei sempre, ma così ho un motivo valido per scendere e girare a fare i controlli nelle varie aziende». Si è fatta l’ora di andare in stalla. Accompagnato dal fi- do Chucky, Noah torna come ogni giorno ad occuparsi del suo piccolo regno di Centocampi, oasi di prato attor- niata dal bosco. «Ai tempi erano molti gli amici che mi chiedevano: “Ma cosa vai a fare in quel posto?”. Effettivamente, se avessi voluto, avrei potuto trovare un’azienda più comoda, ma io sono felicissimo della mia scelta. Vivere e lavorare qui mi fa sentire libero e mi dà la forza di passare so- pra alle difficoltà causate dall’essere fuori dal mondo».La strada che non c’è Se per far fronte alla mancanza di corrente elettrica si fa capo a pannelli, generatore e gas, la problematica prin- cipale del vivere e lavorare quassù è rappresentata da quella strada d’accesso che termina 200 metri di disli- vello più in basso, a circa 1 km di distanza. Per arrivare ai Centocampi e ai suoi quasi 700 metri di quota è di- fatti necessario armarsi di buona volontà e affrontare il ripido sentiero lastricato che prende avvio alla fine della strada forestale, se si beneficia delle chiavi della barrie- ra che la chiude, o a Scaiano, ma in quel caso i metri di dislivello raddoppiano. «Teoricamente la strada doveva arrivare fino a Cento- campi, ma per vari motivi al momento della sua co- struzione si decise di fermarsi lì. A 19 anni ho forse sottovalutato la cosa, ma ora mi sto accorgendo del problema dei costi di produzione. Ogni anno spendo 10’000 franchi di elicottero per portare su farina, ben- zina per il generatore o gas per la caldaia, ma non per questo posso vendere i miei prodotti al doppio del prez- zo. Nella migliore delle ipotesi, il mio formaggio è buo- no come quello delle aziende agricole dove arriva la strada. C’è poi la qualità della vita, ma è stata una mia scelta e quindi non posso lamentarmi. Pur vivendo qui, non mi definisco però un “selvatico”, ma uno abbastan- za sociale: abbiamo molti amici, con i quali usciamo spesso a cena. Una volta salgono loro, una volta scen- diamo noi»..L'AGRICOLLTORE TICINESE

7 commenti:

  1. Sono questi giovani che bisogno premiare ,sono loro il futuro del paese . Ma purtroppo non vincono medaglie.

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  2. Bravi è bello. Aiutiamoci comparando i loro prodotti.

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  3. https://www.agriturismo.ch/my-product/keller-cento-campi/

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  4. Per raddoppiare la vendita diretta basterebbe un collegamento Mtb dall'alto oppure inserire come percorso mtb la strada che porta ai 100 campi. Per un collegamento migliore campa cavallo.

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  5. mancano solo le ciclabili anche sui monti in mezzo agli animali.Scassano gia i maroni al piano che ne dite di andare a piedi in mezzo a mucche e capre ?

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    1. A piedi la miglior cosa peccato che la maggior parte ci va meno di 6 volte all'anno in giro per i sentieri e più del 90 % dei Gambarognesi non é mai stato ai centocampi

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