Erano professionali: . Erano ben attrezzati. Avevano il “piano B”: infatti attraversavano la frontiera, colpivano e poi riguadagnavano il territorio italiano con un bel carico prelevato in aziende, ditte, imprese, probabilmente anche ristoranti e chioschi, giusto di passaggio durante la scorribanda. Sono andati avanti per mesi, sapendo di essere ricercati ma infischiandosene. Ed ora sono finiti al fresco, quasi tutti, anche per merito di un agente segreto che vigila dall’alto e che si chiama “drone”.
Tanto per aggiungere carne al fuoco e per confermare quanto era stato oggetto di commento qualche ora fa a proposito della malavita di importazione, questa è la sintesi di una rilevante operazione condotta all’alba di oggi da elementi della Polcantonale in accordo con le Guardie di confine. Fa fede la nota diffusa nel tardo pomeriggio con l’approvazione del ministero pubblico (l’inchiesta viene coordinata dal procuratore pubblico Nicola Respini): cinque uomini sono stati arrestati a Mendrisio, mentre un sesto resta latitante anche se la sua identità è ormai accertata, nel quadro dell’indagine su una serie impressionante di furti con scasso compiuti su tutto il territorio cantonale; gli indizi si sono accumulati per mesi e mesi, del caso si stavano occupando anche alla Polgiudiziaria, ma sino ad oggi il gruppo sembrava inafferrabile. Poi, la svolta con un aiuto dal cielo: l’utilizzo dell’apparecchio senza pilota, il ricognitore “drone” che da qualche tempo viene impiegato per il sorvolo dei confini ed il cui occhio elettronico, dall'inizio di novembre e per un periodo di tre settimane, scandaglia dall'altezza di 3'000 metri tutto quel che sia possibile individuare come sospetto. Ed ecco il doveroso finale alla “Arrivano i nostri”, con le livide luci del nuovo giorno ad accompagnare il rumore del “Fermi tutti”. Si proceda all’identificazione: un balcanico, due balcanici, tre balcanici, tre balcanici ed un italiano, quattro balcanici ed un italiano, all’appello manca solo un quinto balcanico, “nema problema”, lo si prenderà alla prima occasione, a meno che stia ancora fuggendo verso il paesello natio.
Emergerà quel che era sospettato, e cioè l’attitudine pendolaristica dell’intera banda che faticosamente partiva da qualche paesello del Varesotto o del Comasco e veniva così graziosamente ad offrirsi come manodopera in Ticino, contribuendo come sempre all’arricchimento culturale ed economico del prossimo. Il numero dei furti messi a segno è ancora in fase di stima, dal che si deduce che la banda operava all’ingrosso, con metodo e secondo schemi; chissà che il contabile del gruppo abbia tenuto anche un libro mastro delle operazioni commerciali compiute, da ciò sarebbe notevolmente agevolata l’opera di ricostruzione cui si sono accinti gli investigatori. Della refurtiva viene affermato soltanto che essa è “ingente”; quanto al maggiore o al minore grado di responsabilità individuali, gli inquirenti si sarebbero già formati un’idea piuttosto chiara. E sempre viva Schengen, s’intende.da mattinonline
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