giovedì 10 novembre 2011

Edgardo Ratti: un artista un uomo alla galleria "Mosaico" di Chiasso

Artista gambarognese in vetrina alla galleria "Mosaico" di Chiasso
Ha avuto luogo ieri sera, giovedì 10 novembre, alla Galleria Mosaico della città
di confine - gremita di gente - la vernice di una mostra di Eduardo Ratti* che
rimarrà aperta al pubblico dal martedì al sabato (ore 15-18) fino al 23 dicembre.
E' stata presentata al pubblico da Diego Invernizzi, il quale segue l'evoluzione
dell'artista da oltre quarantanni. Siamo lieti di poterla riproporre integralmente
ai nostri lettori:



Edgardo Ratti: un artista un uomo
Gentili signore, egregi signori, autorità, amici dell'arte,
Mi è stato chiesto di "tagliare il nastro" (simbolicamente) per dare il
via a questa mostra che dà spazio a un unico attore: il pittore e scultore
gambarognese EDGARDO RATTI.

Non sono un critico d'arte, ma conosco da vicino l'artista del quale ho
sempre ammirato l'estro creativo, l'amore per le cose vere della vita, la
forza interpretativa delle sue convinzioni, l'onestà intellettule, il
coraggio delle sue azioni, il rispetto delle opinioni altrui, il rifiuto dei
compromessi di comodo.
Lo seguo da una quarantina d'anni e lo presento con parole schiette - a
lui tanto care - senza addentrarmi nel labirinto di valutazioni artificiose
che non avrebbero alcun senso.
Mi limierò - più avanti - a far cenno delle analisi attente di critici
prestigiosi - Peter Killer e Walter Schònenberger - che si sono
addentrati sul suo percorso.
Il mio commento, quindi, è quello di un "compagno di viaggio" che
intuisce come lo scorrere del tempo non abbia compromesso la vena
creativa dell'artista gambarognese il quale, lo scorso 6 ottobre, ha
festeggiato le 86 primavere. Anzi, l'ha ulteriormente arricchita.
Ratti, sorretto da ammirevole entusiasmo, trascorre ogni giorno lunghe
ore nell'atellier del "Ragno" a Vira, scolpendo e dipingendo le "poesie
della vita" suggeritegli dalla quotidianità.
Lungo il suo percorso, che dura da oltre sessant'anni, ha lasciato tracce
ben marcate tanto in Ticino quanto oltre il San Gottardo e anche fuori
dai confini nazionali.
Critici attenti - come accennato poc'anzi - hanno dato risalto alla sua
evoluzione, soffermandosi sulle metamorfosi creative dettate momenti
emotivi particolari.
Negli ultimi anni, soprattutto, Ratti ha avuto un sorprendente mutamento
di rotta, che ha dato vita a una serie di opere raffiguranti forme
geometriche semplici ed emotive che parlano un linguaggio intuibile

Alcuni passaggi di un commento critico di Walter Schònenberger
avvalorano l'impegno dell'artista:
"La visione del mondo può venir ridotta a forme geometriche
semplici, come già aveva detto Cézanne all'inizio del Novecento. Le
figure della geometria piana sono simili ad un alfabeto, come ci ha
confidato Kamdinsky in un celebre libro dei primi anni del secolo
scorso. Ratti è tornato alla semplicità de quadrato, del cerchio, del
triangolo, e con ciò non compie un'operazione razionalista, bensì
riscopre e svela, nella geometria piana, la ricchezza di sensi del
simbolo"(...). E più avanti: "...Da codesti accenni si vede che anche la
scelta dei colori ha una valenza simbolica. I quadri dell'idtimo
Edgardo Ratti sono icone, immagini dello spirito, perciò se si vuole
accostargli precursori non bisogna andare alle ricette di Itten, del
'Bauhaus', di 'Cerale et Carré', ma alla spiritualità ritrovata di Al bers
e di Rothko, ai 'découpages' di Matisse (...). "L 'Edgartdo - così
conclude Schònenberger - con il suo lungo cammino, il suo fare
costante e attento, la sua positività nei confronti della vita, la sua
curiosità pluridirezionale ci è arrivato e meglio di tanti che
sbandierano programmi altisonanti".
Significativo anche il giudizio di Peter Killer, commentando l'ultima
metamorfosi dell'artista: "...lapiù grande sorpresa ce la regala
adesso. Edgardo, fino a qualche tempo fa inquieto, lavora dal 2007 ad
una serie di opere che più che mai si differenziano da ciò creato fino
adora. Sì, davanti alle nuove opere ci si potrebbe chiedere provocatoriamente
se eventualmente c'è un altro artista dallo stesso nome.
Ora l'artista ha trovato la sua tranquillità, ma non come una persona
che si accontenta. E' attivo come sempre e lavora ogni giorno nel suo
atelier. La quiete e la calma, in sé stessi riposanti, sono diventate il
tema della sua arte".
Peter Killer si chiede come mai Ratti non dà titolo alle sue opere, ma
ha già pronta la risposta: "Com'è univoca la formulazione, così è
indefinibile il contenuto. La complessità delle opere nel guardarle
non dev'essere ridotto da un tìtolo. Sono possìbili le più variate
interpretazioni (...). E più avanti, con riferimento all'oro che illumina
gran parte delle sue opere recenti, scrive: "L'oro sarebbe tra l'altro il
simbolo della virtù più importante, l'amore. Non un amore cristiano
per il prossimo né l'amore verso Dio hanno portato Edgardo a
lavorare con l'oro, ma un amore concreto, terreno. Questa tarda

felicità ha cambiato ancora una volta la sua vita, impregnandola
profondamente e che, involontariamente, ha favorito un nuovo inizio
della sua arte".
Ho tralasciato, sin'ora, di parlare del "Ratti-scultore" e del suo impegno
nell'organizazione di manifestazioni culturali di indiscutibile prestigio.
La collana delle sue presenze è talmente lunga che, soffermandosi a
sfogliarla, toglierebbe ampio spazio a questa bella mostra profumata di
vernice fresca.
Mi limito quindi a dire che Ratti è stato, nel 1953, co-fondatore del
Circolo di cultura del Gambarogno, ente che ha contribuito a far
conoscere al mondo la sponda sinistra del Verbano come nessun'altro in
precedenza.
Ratti ha presieduto il Circolo per una dozzina d'anni, ma anche quando non
era al timone, ha sempre tirato il carro, mettendo in cantiere - soprattutto
nell'impareggiabile palcoscenico del nucleo di Vira - una lunga serie
di mostre, in prevalenza legate alla scultura, che hanno visto sfilare
artisti di fama internazionale; tra gli attori c'è sempre stato anche lui.
Migliaia di visitatori d'ogni provenienza hanno animato le stradine di
Vira nel periodo vacanziero che coincideva con quello delle mostre.
Mi fermo qui, consapevole di aver sorvolato momenti importanti del
percorso culturale di un uomo che si è meritato l'apprezzamento di
numerose personalità del mondo dell'arte, del quale il Ticino può farsi
vanto.
Lascio quindi ai visitatori della mostra il piacere d'interpretare a briglia
sciolte le opere esposte, convinto che la sensibiltà di ognuno sarà
appagata dalle emozioni trasmesse dalle tele.
Perchè c'è sempre qualche cosa da scoprire nell'universo di un artista:
qualche cosa senza misura che attraversa la compostezza dell'uomo e
la sua costante capacità di riconciliarsi con la vita.
Auguro quindi all'attento uditorio di assaporare la poesia delle opere
esposte, disegnate sulla tela da una mano innamorata della vita.
Diego Invernizzi

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