In memoria si Massimo Pini
In occasione dell’inaugurazione della cappella a lui dedicata a Gerra Gambarogno
21 maggio 2009
Nel libro-intervista “Un uomo della generazione perdente”, il giornalista Wertrher Futterlieb, recentemente scomparso, chiede a Massimo Pini quali siano i suoi sentimenti di fronte alla morte. Timore ?Fascino? O indifferenza ?
Risponde :” Dobbiamo preoccuparci così tanto della vita che non abbiamo tempo di pensare alla morte. Certamente la morte non mi è sconosciuta e agita l’incognito. Per me è un mistero affascinante . E`l’ultima esperienza di un sogno chiamato vita”.
“Mi fa paura- aggiunge nella lunga intervista- solo perché penso che vivere è utile e necessario per i miei famigliari e per la mia gente.”
Oggi, siamo qui, nella sua Gerra Gambarogno, che preferiva a Locarno e a Biasca ( di cui fu sindaco, anzi, presidente, recuperando l’antica definizione di repubblica comunale), preferita a Berna, Strassburgo e Bruxelles, poiché a Gerra, aveva le radici , la vigna, la casa con l’archivio, l’alpetto col “buon ritiro”.
Siccome la sua vita si proietta oltre la morte, Massimo è sempre qui, in questa nicchia nel muro esterno del camposanto, nella cappelletta dei suoi antenati.
A sei anni dalla morte, la sua è solo un’assenza fisica. Spiritualmente è rimasto nel cuore e nella memoria di chi l’ha conosciuto, ammirato e benvoluto.
La personalità, i comportamenti umani e l’azione politica di Massimo Pini sono di grande attualità.
Dopo la contestazione, il terrorismo, la crisi economico-fianziaria, il ritorno del malessere, il disamore per la politica e il disimpegno civile, si cercano politici nuovi, animati da idealità, portatori di valori, quali la solidarietà e la generosità, che fanno politica con spirito di servizio, vicini alla gente e al territorio.
Massimo era di questa pasta. Era estraneo al mondo della politica politicante.
Qualcuno rideva delle sue sparate e delle sue iniziative bizzarre, però tutti gli volevano bene.
Non fu un santo o un beato, anche se gli dedichiamo una cappella. . Se non proprio martire fu vittima delle cattiverie e dell’ingratitudine della politica.
“La politica matrigna “ come la chiamava lui.
I suoi amici hanno consegnato alla memoria collettiva la nicchia con la Madonna e il Bambino Gesù . Non è solo un luogo di preghiera, è una lapide, la segnaletica d’una strada o di una via, è un ex-voto come quelli edificati dai nostri migranti, che andavano in giro per il mondo ma mantenevano un legame stretto col paese d’origine.
Questa nicchia dipinta, decorata e benedetta, è il ricordo di un passaggio terreno che ha lasciato il segno.
Nel libro-intervista citato, “Un uomo della generazione perdente”, Werther Futterlieb osserva che Massimo era un buontempone, imitava i colleghi in modo caricaturale, faceva il verso a molti personaggi, sapeva i ridere e di far ridere.
Ma ogni tanto taceva, diventava serio e pensieroso, si estraniava.
Massimo all’intervistatore confessa di sentire la solitudine, di avere l’impressione di essere uno sconfitto, d’avere sbagliato molte cose, di sentirsi fallito.
L’amicizia l’ aiutava a scrollarsi d’addosso la solitudine.
Confessa di credere nell’amicizia, anche se ciò che ha dato agli altri non gli è stato sempre restituito.
Noi siamo qui per dimostrare che l’abbiamo sempre considerato un amico.
Un intellettuale anticonformista, spirito critico, mi ha detto :” Non si poteva non voler bene a Massimo, anche quando sbagliava. E certamente con la politica non si è arricchito”.
Lui- sono parole sue- ammirava le persone semplici e umili. Non si lasciava ingannare dai titoli e dal potere.
Era colui che una volta si chiamava “un vero liberale” , un “politico di popolo”.
A Berna aveva molti estimatori e confidenti , ma i più vicini furono Werther Futterlieb, Gianfranco Cotti (presente a questa cerimonia) e chi vi parla.
Bontà sua, ha scritto :”Più d’una volta mi sono sentito più vicino alle idee di Dario che non a quelle di certi miei colleghi di partito”.
Questi sentimenti e comportamenti sono particolarmente meritevoli in un paese – e cito Massimo “ dove l’emotività e la passionalità sovente i spingono ad ampliare gli errori e le colpe degli avversari politici”.
Bernard Dupont, consigliere nazionale vodese , europarlamentare, prematuramente scomparso, nella prefazione al libro-intervista , ha scritto :” La cortesia e la disponibilità caratterizzano Massimo Pini, un politico diverso. ..Chez lui il n’y a pas de contradiction entre l’être et le paraître… Il sert le peuple et son pays. Il a bésoin d’aimer pour être aimé”.
Ecco perché merita d’essere ricordato, con una cappella che per i re dei Franchi era la nicchia dove si custodivano le cose e i ricordi più preziosi.
Come prezioso è il ricordo di Massimo.
Dario Robbiani
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