Un grazie grande e di cuore a un altro Massimo, quello del Mattino Online.
Per le bellissime parole riservate al nostro Massimo
In molti, ieri pomeriggio, sono saliti o scesi fino a Gerra Gambarogno per la reinaugurazione della cappelletta votiva il cui restauro fu l'ultimo desiderio - fino ad oggi inappagato - di Massimo Pini.
Mille volte ci siamo passati davanti, mille volte l'abbiamo scorta con la coda dell'occhio. Avremo un motivo in più, da ora in poi, per rallentare il passo davanti alla "Madonnina" di Gerra Gambarogno: l'hanno restaurata, e l'hanno restituita alla meravigliosa storia di fede popolare da cui essa nacque, e con questa opera dall'umiltà passionale hanno reso omaggio a Massimo Pini, sciogliendo la sua ultima volontà.
Da dove partiamo? Da Massimo Pini, che fu sindaco di Biasca e consigliere nazionale, e che negli ultimi anni della militanza politica a Berna scelse liberamente, cioè da libertario e da liberale qual era, di uscire dai ranghi del suo partito per formare gruppo con i leghisti e con i demosvizzeri? Scusateci, ma non è giorno questo per riaprire vecchie ferite, non è ancora il momento per dire che troppi voltarono le spalle a colui che era considerato sodale solo nei momenti della buona sorte. Pini, certo, in questa storia c'entra, e tanto. Ebbe amici, l'amicizia non viene dissolta nemmeno dalla fine dell'esistenza terrena; non muore infatti mai chi sa farsi ricordare per il cuore. Ed in alcuni tra quegli amici era rimasta la speranza di portare a compimento un progetto altrui: restituire la cappelletta a nuovo splendore, rinvigorendone i tratti ed aprendone la luce. È stato fatto, ieri la reinaugurazione, in altri tempi si sarebbe detto che eravi grande concorso di folla, e di folla commossa, dal monte e dal piano.
Ed è venuto fuori, in d'ôl dì da l'Ascénsa, qualcosa che non ci si aspetta: brilla per spessore, e per fedeltà all'originale, la qualità del restauro effettuato a titolo del tutto gratuito da Paolo Scherini con l'apporto di Eros Taddei (che ci ha messo anche l'"idea", cioè disse e si disse: "Bisogna dar compimento a quel desiderio"); poi don Nicola Zanini impartisce la benedizione, Dario Robbiani racconta di Massimo Pini con accenti che rendono presente la persona anche a quanti non l'avessero mai conosciuta. Infine Italo Demarchi squarcia il velo su ciò che fu e su ciò che è stato: quell'edicola, realizzata poco dopo il 1930, è testimonianza indotta dell'intero secolo precedente, e chissà di quanti anni prima. Possibile? Non solo possibile: sicuro, e ci si spiega.
Poco dopo la metà dell'800, proprietario dei terreni dal cimitero fino al riale Vallegiòn è Giacomo Balestra, anno di nascita 1832, anno di morte 1903. Terra un po' zerba, un po' gregna ed un po' buona, terra che oggi sta sopra e sotto la Cantonale del Gambarogno, terra da contadini che la prendono e la ravanano e la sarchiano sino all'umido, ad ogni modo. Ci sono vacche, maiali, conigli, galline ed un po' di vigna; c'è, soprattutto, un ricovero per gli animali. Su una parete della stalla, "ab immemorabili", sta l'affresco di una Madonna con il bambinello in braccio, "simbolo della religiosità profonda da cui quella famiglia umile è animata", come spiega Italo Demarchi. Nel momento in cui lascia questo mondo, Giacomo Balestra affida tutto al figlio Massimo e strappa una promessa: l'effigie della Madonna è da tramandarsi. Non facile: la stalla incomincia ad andare in rovina. Massimo Balestra, peraltro, a Gerra torna solo di quando in quando: ha già avuto l'incarico di rappresentare gli interessi consolari del suo Paese in Venezuela, ha commerci e negozi a Milano; con qualche solderello, nel 1913, egli fa avviare i lavori per costruire quella che sarebbe diventata "Villa Miralago" e dove alloggeranno la madre, che è una Gilardi di nome Carolina, ed i figli Walter e Lina, e la moglie Alessandrina Calui. Lina andrà in sposa ad Aleardo Pini, dal loro matrimonio nascerà Massimo, che dunque di Giacomo Balestra è diretto discendente. E se la stalla viene abbattuta per far posto al nuovo edificio, nella testa di Massimo Balestra rimane sempre la promessa fatta al padre: anche per sanare qualche disaccordo - vai a capire il "perché" - intervenuto nel tempo con don Marcellino Scaroni, parroco di Gerra, viene innalzata la cappelletta. Figura dal talento conclamato quella scelta per l'esecuzione dei lavori: Pompeo Maino, pittore affermatissimo, che proprio don Scaroni chiama per risanare l'interno e l'esterno della parrocchiale e che Massimo Balestra mette sotto contratto per dar corso al progetto. Maino, coadiuvato dai fratelli Silvio e Piero Baccaglio da Minusio, darà il meglio di sé.
Così nasce un'opera d'arte, e così rinasce - si prendono sempre a prestito le parole di Italo Demarchi - quasi 80 anni più tardi. Con un evento nell'evento: alla cerimonia di reinaugurazione si presenta anche Giannino Balestra. Balestra, Giannino Balestra, che cosa dice il nome? Beh, è un testimone vivente del momento in cui la "Madonnina" prese forma e diventò parte essenziale del luogo: l'esecutore dell'opera l'aveva preso come modello per l'immagine del bimbo in braccio alla Vergine, "ôl nòster Gesù dal pitôr Màino", come gli ripeteva Massimo Pini ad ogni incontro.
Ben fatto, giustamente fatto.
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