Da il mattinonline
Possiamo unirci al cordoglio di quanti, tra le 14 vittime accertate dell'incidente ferroviario occorso la notte scorsa, hanno perso un congiunto o un amico. Possiamo e dobbiamo interrogarci, tuttavia, anche sui rischi che riguardano le nostre città. Si sappia quindi che due terzi del materiale rotabile in transito sulle linee svizzere vengono dall'estero; dove i criteri di sicurezza, per così dire, sono tutt'altro che "armonizzati". Se uno pensa al Gambarogno, ad esempio...
Abbiamo lavorato malvolentieri, oggi: la testa era da un'altra parte, il primo impatto con la notizia nella notte, la crudeltà delle evidenze via via che alle informazioni si sono aggiunte le immagini. Perché si può aver visto molta morte e molto dolore, nel corso della vita, ad esempio laddove vi sia una guerra o vi sia stato un sisma; e ci si è costruiti una scorza di sedimenti intorno all'anima, individuandosi l'ineluttabilità - se di autentica ineluttabilità s'ha a a parlare - dell'una e dell'altra cosa, e semmai ponendosi le domande sul senso di ciò cui si sta assistendo. Non oggi, assistendo al dramma di Viareggio, dove un treno-"bomba" è andato a distruggere la vita di almeno 14 persone, a ferirne una quarantina, a far esplodere il centro della città che idealmente associamo sempre al divertimento carnascialesco ed alle vacanze.
Non aggiungeremo nulla a ciò che anche nei telegiornali si è preso la prima pagina (la Rai è stata tuttavia indecente, questa mattina, nel proporre allegrezza e programmini di evasione mentre si stava consumando una tragedia): altri, testimoni diretti degli accadimenti, possono raccontare meglio di quanto faremmo qui. Ma abbiamo il diritto di capire, o di tentare di capire. Quel disastro, a quanto pare originato dalla rottura di un carrello nel primo vagone del convoglio, è davvero qualcosa che qui non potrebbe accadere? Disponiamo davvero di una totale, assoluta, incontrovertibile certezza sui livelli di qualità garantiti per le migliaia di treni-merci che ogni giorno attraversano le nostre città, arrivando da Chissadove con destinazione Lontanolontano? Proprio oggi è uscita da Berna la statistica federale 2008 circa gli incidenti nel mondo dei trasporti pubblici: "Le cifre - viene detto - non si allontanano molto da quelle del 2007", il che fa 40 vittime e 182 feriti gravi, anche se nessun morto è stato registrato in àmbito ferroviario. "Per nessun mezzo di trasporto esiste la sicurezza totale", tengono a far sapere gli "esperti", in realtà semplici collazionatori delle notizie di cronaca. Andando a ritroso, tuttavia, non si fatica a ricordare un intero "annus horribilis", così come rimbalzano nella memoria nomi come Zurigo-Örlikon (ottobre 2003, una persona deceduta, 45 feriti nella collisione fra due treni) e Thun-Dürrenast (maggio 2006, tre deceduti). Sono semplici scansioni a distanza di tempo, senza pretesa di esaurienza. Bastano per farci preoccupare.
Sulle linee Ffs transitano ogni anno tra gli otto e gli 11 milioni di tonnellate di merci pericolose: indicativamente, per due terzi si tratta di idrocarburi, per un quarto sono sostanze chimiche, un quattro-cinque per cento è rappresentato dai gas, e poi c'è la lunga serie dei coloranti, dei prodotti farmaceutici, dei rifiuti speciali, dei concimi. Nel 2001, anche alla luce dell'evidente crescita dei rischi, vennero introdotti alcuni criteri di valutazione assai specifici in coincidenza con l'avvio di uno studio riguardante l'intera rete nazionale; e si scoprì che, su 3'300 chilometri di binari Ffs sottoposti a verifica (3'163 erano quelli utilizzati effettivamente), 34 si situavano oltre la soglia dell'accettabile quanto ad entità del pericolo. Per le statistiche, l'uno per cento o poco più; ma il 99 per cento non basta a rasserenare la mente ed a far escludere un'eventualità. Dissero al proposito gli analisti in seno all'Ufficio federale ambiente, che all'epoca si chiamava ancora Ufafp, che a presentare rischi "non sopportabili" era soprattutto il trasporto di gas tossici su tratte che attraversino città o agglomerati urbani. E l'analisi era limitata al sistema del principale gestore, un 60 per cento sul totale della rete che infatti, tra scartamento normale e scartamento ridotto, supera i 5'000 chilometri in sviluppo.
Gli interventi adottati, o almeno messi nero su bianco con il concordato dell'anno 2002, riguardarono in prima istanza l'ottimizzazione dei trasporti di cloro: "Nella misura del possibile, bisogna fare in modo che i treni seguano itinerari brevi e non passino attraverso regioni ad alta densità di popolazione". Poi si parlò del coefficiente di rischio, e sulla base di un censimento sviluppato lungo gli Anni '90 del secolo scorso si scoprì che l'80 per cento dei casi di disseminazione di sostanze pericolose (compresi i liquidi ed i gas infiammabili, benzina-propano-butano "in primis") era originato da deragliamenti, mentre "solo" il 20 per cento era riconducibile a collisioni. Vi fu anche la scelta di installare i rilevatori di deragliamento su 639 vagoni-cisterna utilizzati per il trasferimento di merci pericolose: "Dispositivi - citiamo - che reagiscono appena un assale o un telaio lascia la rotaia e che permettono di arrestare il treno prima che esso si rovesci".
Ottima cosa, ottima ed intelligente. Con un limite: solo per un terzo dei trasporti di merci pericolose lungo le strade ferrate svizzere, a dati di qualche anno fa, viene fatto uso di materiale rotabile svizzero. Ma non ci saremmo dovuti preoccupare, proprio no: "Queste tipologie di strumenti tecnici sono destinate a generalizzarsi in Europa a medio termine, ed è necessario disporre di prescrizioni armonizzate su scala europea". Poi apprendi che il treno partito da una raffineria nel Novarese ed esploso la notte scorsa a Viareggio si è incartato su sé stesso; che in Italia la manutenzione sui carri viene effettuata ogni sei-sette anni, indipendentemente dal numero di chilometri percorsi dal vagone; che le cisterne erano state prese a nolo da una società - la "Gatx rail", con sede a Vienna - il cui portavoce Werner Mitteregger respinge al mittente ogni ipotesi di problemi strutturali al materiale, ma aggiunge anche qualcosa. Che cosa? Che in casa hanno 20'000 vagoni-cisterna a disposizione di quanti vogliano prenderli in affitto, "ma sta poi al cliente l'occuparsene". Tante grazie.
Abbiamo lavorato malvolentieri, oggi: la testa era da un'altra parte, il primo impatto con la notizia nella notte, la crudeltà delle evidenze via via che alle informazioni si sono aggiunte le immagini. Perché si può aver visto molta morte e molto dolore, nel corso della vita, ad esempio laddove vi sia una guerra o vi sia stato un sisma; e ci si è costruiti una scorza di sedimenti intorno all'anima, individuandosi l'ineluttabilità - se di autentica ineluttabilità s'ha a a parlare - dell'una e dell'altra cosa, e semmai ponendosi le domande sul senso di ciò cui si sta assistendo. Non oggi, assistendo al dramma di Viareggio, dove un treno-"bomba" è andato a distruggere la vita di almeno 14 persone, a ferirne una quarantina, a far esplodere il centro della città che idealmente associamo sempre al divertimento carnascialesco ed alle vacanze.
Non aggiungeremo nulla a ciò che anche nei telegiornali si è preso la prima pagina (la Rai è stata tuttavia indecente, questa mattina, nel proporre allegrezza e programmini di evasione mentre si stava consumando una tragedia): altri, testimoni diretti degli accadimenti, possono raccontare meglio di quanto faremmo qui. Ma abbiamo il diritto di capire, o di tentare di capire. Quel disastro, a quanto pare originato dalla rottura di un carrello nel primo vagone del convoglio, è davvero qualcosa che qui non potrebbe accadere? Disponiamo davvero di una totale, assoluta, incontrovertibile certezza sui livelli di qualità garantiti per le migliaia di treni-merci che ogni giorno attraversano le nostre città, arrivando da Chissadove con destinazione Lontanolontano? Proprio oggi è uscita da Berna la statistica federale 2008 circa gli incidenti nel mondo dei trasporti pubblici: "Le cifre - viene detto - non si allontanano molto da quelle del 2007", il che fa 40 vittime e 182 feriti gravi, anche se nessun morto è stato registrato in àmbito ferroviario. "Per nessun mezzo di trasporto esiste la sicurezza totale", tengono a far sapere gli "esperti", in realtà semplici collazionatori delle notizie di cronaca. Andando a ritroso, tuttavia, non si fatica a ricordare un intero "annus horribilis", così come rimbalzano nella memoria nomi come Zurigo-Örlikon (ottobre 2003, una persona deceduta, 45 feriti nella collisione fra due treni) e Thun-Dürrenast (maggio 2006, tre deceduti). Sono semplici scansioni a distanza di tempo, senza pretesa di esaurienza. Bastano per farci preoccupare.
Sulle linee Ffs transitano ogni anno tra gli otto e gli 11 milioni di tonnellate di merci pericolose: indicativamente, per due terzi si tratta di idrocarburi, per un quarto sono sostanze chimiche, un quattro-cinque per cento è rappresentato dai gas, e poi c'è la lunga serie dei coloranti, dei prodotti farmaceutici, dei rifiuti speciali, dei concimi. Nel 2001, anche alla luce dell'evidente crescita dei rischi, vennero introdotti alcuni criteri di valutazione assai specifici in coincidenza con l'avvio di uno studio riguardante l'intera rete nazionale; e si scoprì che, su 3'300 chilometri di binari Ffs sottoposti a verifica (3'163 erano quelli utilizzati effettivamente), 34 si situavano oltre la soglia dell'accettabile quanto ad entità del pericolo. Per le statistiche, l'uno per cento o poco più; ma il 99 per cento non basta a rasserenare la mente ed a far escludere un'eventualità. Dissero al proposito gli analisti in seno all'Ufficio federale ambiente, che all'epoca si chiamava ancora Ufafp, che a presentare rischi "non sopportabili" era soprattutto il trasporto di gas tossici su tratte che attraversino città o agglomerati urbani. E l'analisi era limitata al sistema del principale gestore, un 60 per cento sul totale della rete che infatti, tra scartamento normale e scartamento ridotto, supera i 5'000 chilometri in sviluppo.
Gli interventi adottati, o almeno messi nero su bianco con il concordato dell'anno 2002, riguardarono in prima istanza l'ottimizzazione dei trasporti di cloro: "Nella misura del possibile, bisogna fare in modo che i treni seguano itinerari brevi e non passino attraverso regioni ad alta densità di popolazione". Poi si parlò del coefficiente di rischio, e sulla base di un censimento sviluppato lungo gli Anni '90 del secolo scorso si scoprì che l'80 per cento dei casi di disseminazione di sostanze pericolose (compresi i liquidi ed i gas infiammabili, benzina-propano-butano "in primis") era originato da deragliamenti, mentre "solo" il 20 per cento era riconducibile a collisioni. Vi fu anche la scelta di installare i rilevatori di deragliamento su 639 vagoni-cisterna utilizzati per il trasferimento di merci pericolose: "Dispositivi - citiamo - che reagiscono appena un assale o un telaio lascia la rotaia e che permettono di arrestare il treno prima che esso si rovesci".
Ottima cosa, ottima ed intelligente. Con un limite: solo per un terzo dei trasporti di merci pericolose lungo le strade ferrate svizzere, a dati di qualche anno fa, viene fatto uso di materiale rotabile svizzero. Ma non ci saremmo dovuti preoccupare, proprio no: "Queste tipologie di strumenti tecnici sono destinate a generalizzarsi in Europa a medio termine, ed è necessario disporre di prescrizioni armonizzate su scala europea". Poi apprendi che il treno partito da una raffineria nel Novarese ed esploso la notte scorsa a Viareggio si è incartato su sé stesso; che in Italia la manutenzione sui carri viene effettuata ogni sei-sette anni, indipendentemente dal numero di chilometri percorsi dal vagone; che le cisterne erano state prese a nolo da una società - la "Gatx rail", con sede a Vienna - il cui portavoce Werner Mitteregger respinge al mittente ogni ipotesi di problemi strutturali al materiale, ma aggiunge anche qualcosa. Che cosa? Che in casa hanno 20'000 vagoni-cisterna a disposizione di quanti vogliano prenderli in affitto, "ma sta poi al cliente l'occuparsene". Tante grazie.
E per non dimenticare
Prima ancora che ad un sempre possibile disastro sulla piattaforma di Chiasso o a Lugano-Besso o a Bellinzona, chissà perché, stasera siamo nella pelle di quelli che vivono nel Gambarogno. La storica linea sangottardiana, concepita più di 125 anni or sono per l'interconnessione tra Genova ed il Nordeuropa via Milano-Gallarate-Luino-Cadenazzo, ospita ogni giorno una quindicina di treni passeggeri normalmente da 133 tonnellate (è il peso di un "Flirt"); ma anche, e soprattutto, tra i 60 ed i 75 treni-merci da 1'600 tonnellate. Andate a vedere, e preoccupatevi con noi.
Prima ancora che ad un sempre possibile disastro sulla piattaforma di Chiasso o a Lugano-Besso o a Bellinzona, chissà perché, stasera siamo nella pelle di quelli che vivono nel Gambarogno. La storica linea sangottardiana, concepita più di 125 anni or sono per l'interconnessione tra Genova ed il Nordeuropa via Milano-Gallarate-Luino-Cadenazzo, ospita ogni giorno una quindicina di treni passeggeri normalmente da 133 tonnellate (è il peso di un "Flirt"); ma anche, e soprattutto, tra i 60 ed i 75 treni-merci da 1'600 tonnellate. Andate a vedere, e preoccupatevi con noi.
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