Discorso bellico di Giuliano Bignasca, che spara su Berna, Bruxelles e Washington
LUGANO - "La Svizzera si trova in stato di guerra", avverte Giuliano Bignasca, che non ha "nessuna intenzione di celebrarne il funerale". Afferma di credere in questa terra e in chi la abita ma teme che "tutti vogliono spolpare la Svizzera".
Nel suo discorso del primo d'agosto, farcito di espressioni colorite e forti, Bignasca lancia l'allarme bellico, ma esprime anche il suo desiderio di un paese capace di tenere alta la testa nel mondo. E allo stesso modo, auspica rispetto e parità di diritti del Canton Ticino in Svizzera, con uno sguardo rivolto ai giovani e allautonomia nella politica agricola, la pianificazione del territorio e la gestione delle frontiere.
Per comprovare il sentimento di discriminazione che sente il ticinese da parte del governo federale, Bignasca cita "il rifiuto sistematico di prendere in considerazione il raddoppio della galleria autostradale al San Gottardo; le misere cifre che ci vengono riversate sugli oltre 800 milioni di franchi in tasse e dazi sul carburante che il Ticino paga ogni anno e agli altrettanto miseri contributi che ci vengono riversati dalla tassa sul traffico pesante, di cui il Ticino sopporta ogni possibile disagio".
Si dichiara deluso anche dalla fiscalità in materia di sale da gioco e speranzoso invece per quel che riguarda il segreto bancario, perché la "piazza finanziaria genera benessere e centinaia di migliaia di posti di lavoro".
Tra "aziende nazionali e multinazionali che producono utili da centinaia di milioni di franchi, senza però pagare praticamente un centesimo di imposte in àmbito cantonale" e il governo di Berna che "ci dice di arrangiarci" per quel che riguarda i rifugiati, Bignasca sente dalla capitale un solo monito: "State zitti".
Ma di certo zitto il leader della Lega non è disposto a stare, non dopo che a Berna "hanno terremotato il sistema bancario nazionale, l'Esercito, la piccola e la media industria, il commercio tradizionale; dopo che hanno trasformato tre Regìe federali efficienti (quali Posta, Swisscom e Ffs) esternalizzando gli utili e facendo tuttavia ricadere i debiti sulla collettività" e dopo aver preferito "regalare soldi agli altri invece che fare regali a noi stessi".
Secondo il municipale luganese, "l'unica politica che Berna applica verso il Ticino è quella del terrore" ammonendoci di non prendere iniziative. E il nostro cantone è affetto dalla sindrome di Stoccolma, quella cioè che spinge la vittima ad amare il suo boia. Ma Bignasca si spinge più in là: "Ci vogliono ridurre ad una colonia", scrive, e per noi "è tempo di mostrare i muscoli". Muscoli contro Berna, contro gli Stati Uniti e contro l'Unione Europea. da Tio
LUGANO - "La Svizzera si trova in stato di guerra", avverte Giuliano Bignasca, che non ha "nessuna intenzione di celebrarne il funerale". Afferma di credere in questa terra e in chi la abita ma teme che "tutti vogliono spolpare la Svizzera".
Nel suo discorso del primo d'agosto, farcito di espressioni colorite e forti, Bignasca lancia l'allarme bellico, ma esprime anche il suo desiderio di un paese capace di tenere alta la testa nel mondo. E allo stesso modo, auspica rispetto e parità di diritti del Canton Ticino in Svizzera, con uno sguardo rivolto ai giovani e allautonomia nella politica agricola, la pianificazione del territorio e la gestione delle frontiere.
Per comprovare il sentimento di discriminazione che sente il ticinese da parte del governo federale, Bignasca cita "il rifiuto sistematico di prendere in considerazione il raddoppio della galleria autostradale al San Gottardo; le misere cifre che ci vengono riversate sugli oltre 800 milioni di franchi in tasse e dazi sul carburante che il Ticino paga ogni anno e agli altrettanto miseri contributi che ci vengono riversati dalla tassa sul traffico pesante, di cui il Ticino sopporta ogni possibile disagio".
Si dichiara deluso anche dalla fiscalità in materia di sale da gioco e speranzoso invece per quel che riguarda il segreto bancario, perché la "piazza finanziaria genera benessere e centinaia di migliaia di posti di lavoro".
Tra "aziende nazionali e multinazionali che producono utili da centinaia di milioni di franchi, senza però pagare praticamente un centesimo di imposte in àmbito cantonale" e il governo di Berna che "ci dice di arrangiarci" per quel che riguarda i rifugiati, Bignasca sente dalla capitale un solo monito: "State zitti".
Ma di certo zitto il leader della Lega non è disposto a stare, non dopo che a Berna "hanno terremotato il sistema bancario nazionale, l'Esercito, la piccola e la media industria, il commercio tradizionale; dopo che hanno trasformato tre Regìe federali efficienti (quali Posta, Swisscom e Ffs) esternalizzando gli utili e facendo tuttavia ricadere i debiti sulla collettività" e dopo aver preferito "regalare soldi agli altri invece che fare regali a noi stessi".
Secondo il municipale luganese, "l'unica politica che Berna applica verso il Ticino è quella del terrore" ammonendoci di non prendere iniziative. E il nostro cantone è affetto dalla sindrome di Stoccolma, quella cioè che spinge la vittima ad amare il suo boia. Ma Bignasca si spinge più in là: "Ci vogliono ridurre ad una colonia", scrive, e per noi "è tempo di mostrare i muscoli". Muscoli contro Berna, contro gli Stati Uniti e contro l'Unione Europea. da Tio
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