Cooperazione: Le elezioni comunali si avvicinano. Nei mesi scorsi si è parlato molto della scarsità di candidati. Perché secondo lei manca gente che si voglia mettere a disposizione della cosa pubblica?
Eros Ratti: Il calo di interesse verso la cosa pubblica è iniziato già negli anni ’80, nel periodo del boom economico. È un fenomeno figlio del benessere che abbiamo costruito negli scorsi decenni. Proprio in quell’epoca è cominciata la fuga verso il privato a scapito del pubblico. Non vorrei essere retorico, ma quando si stava peggio era più spontaneo mettersi a disposizione della collettività. L’economia florida ci ha resi tutti un po’ più egoisti.Da Cooperazione
Eros Ratti: Il calo di interesse verso la cosa pubblica è iniziato già negli anni ’80, nel periodo del boom economico. È un fenomeno figlio del benessere che abbiamo costruito negli scorsi decenni. Proprio in quell’epoca è cominciata la fuga verso il privato a scapito del pubblico. Non vorrei essere retorico, ma quando si stava peggio era più spontaneo mettersi a disposizione della collettività. L’economia florida ci ha resi tutti un po’ più egoisti.Da Cooperazione
Mentre il Cantone prosegue nella politica delle aggregazioni, in diversi Comuni si gioca la carta dell’autonomia a tutti i costi. Qual è la giusta via da seguire secondo lei?
Peccato che la civica sia stata tolta dalle scuole: leggere i libri di civica ti insegna a fare il cittadino. E se si impara a fare il cittadino, il problema delle fusioni non esiste. Ci sono delle aggregazioni necessarie, perché magari le finanze vanno male, questo è ovvio. Ma un buon cittadino dovrebbe imparare ad amministrare le proprie cose senza dipendere dagli altri. Fare una fusione significa «delegare», il cittadino sta un po’ diventando il cliente dell’azienda pubblica, è sempre meno partecipe. Spesso si chiede: perché devo occuparmi della cosa pubblica, io che ho famiglia e lavoro, quando posso delegare agli altri? Il concetto ritorna: si pensa solo al proprio orticello ormai.
A livello comunale, la politica di milizia è destinata a tramontare?
Se andiamo avanti così, sì. Siamo ancora salvi grazie ai patriziati, che amministrano il patrimonio del territorio secondo i valori originari. Per il patrizio, ognuno decide in casa propria: se lei parla con un vero patrizio, percepisce subito il suo attaccamento alla terra d’origine. Purtroppo il patriziato non ha più lo stesso peso ovunque.
Ci sono sindaci che regnano da una vita. Sarebbe il caso di introdurre un limite massimo di mandati per questa funzione?
Non ne sono convinto. Parto dal presupposto che ogni cittadino ha il buonsenso di stabilire quando è il momento di dire basta. Se io faccio il mio dovere e i cittadini mi danno fiducia, perché dovrei smettere di fare il sindaco? Chi non ha amministrato bene, e dunque non merita quella poltrona, di solito sparisce per inerzia, perché non viene rieletto.
Parliamo di conflitti d’interesse. Ogni tanto emerge qualche piccolo scandalo. Ci sono lacune legislative?
No. La legge dice tassativamente come deve comportarsi chi ha conflitti d’interesse. Se a volte ci sono problemi, è a causa delle inadempienze delle singole persone coinvolte.
In diversi piccoli Comuni non si andrà a votare perché i partiti si sono già accordati tra loro sulla ripartizione dei seggi
e sui nomi di chi li occuperà. E la democrazia?
Ma questo è già di per sé un tipo di democrazia, in cui c’è la concordanza in partenza. I nostri avi facevano così, andavano d’accordo sin da subito, ripartivano i seggi tra le famiglie o le persone meritevoli.
Così però si rischia di favorire alcuni a scapito di altri. Non pensa?
Forse. Però chi viene tagliato fuori ha sempre la possibilità di presentare la propria lista.
A Preonzo tutti i seggi saranno occupati da rappresentanti di un solo partito: non sarebbe il caso d’intervenire?
Dal momento che non siamo fuori legge, no. Non è una cosa normale, ma può capitare. Tutti hanno avuto la possibilità di presentare delle candidature, ma non lo hanno fatto. Che io sappia non ci sono stati sotterfugi.
In diversi Comuni proliferano le liste civiche. Cosa ne pensa?
È un fenomeno di distacco dai partiti tradizionali, un po’ troppo paternalistici. Si ha voglia di novità, si è creata una nuova mentalità, idee nuove. Soprattutto si fa passare l’idea che chi fa parte di una lista civica ha la possibilità di essere sé stesso, di essere svincolato dalle direttive soffocanti di un partito. L’idea in linea teorica è buona, la politica dovrebbe essere sempre così.
A volte si sente dire che alcuni candidati si mettono in lista solo per fare numero o per ragioni di facciata. Non le sembra una mancanza di rispetto nei confronti dell’elettore?
Attenzione, è un tema molto delicato. Nessuno di noi può davvero stabilire se un candidato è motivato o no. È chiaro che per i partiti è importante avere un buon numero di persone in lista ed è altrettanto chiaro che in pochi nascono con la passione per la cosa pubblica nel Dna. Da sempre partiti e movimenti cercano di coinvolgere nuove leve: può dunque capitare che magari uno si trovi in lista apparentemente senza una grande convinzione per poi vedere crescere il suo interesse e la sua motivazione strada facendo.
In alcuni Comuni, le lungaggini burocratiche sono all’ordine del giorno. Non sarebbe una valida soluzione ridurre il numero di seggi per Municipio e Consiglio comunale? In questo modo, diverse decisioni potrebbero essere prese più velocemente…
Non sono d’accordo. Quando sento dire che la politica è lenta, mi arrabbio. Questi sono i ragionamenti dell’economia, che ha bisogno di avere risultati in fretta. Quando si tratta di questioni importanti, riguardanti tutta la comunità, bisogna prendersi il giusto tempo per trattarle. Viviamo in una società frenetica che vuole tutto e subito, questo è il problema.
Grazie al sistema dei contributi di livellamento, pensato negli anni ’80, i Comuni forti aiutano i più deboli. C’è chi vorrebbe rimetterlo discussione, i Comuni ricchi sono stufi di sborsare per gli altri.
Credo sia una delle migliori conquiste della nostra democrazia. Si tratta di una ridistribuzione corretta di tutti i proventi fiscali che si incassano sul territorio. Chi non è d’accordo, non conosce il problema di fondo. Perché l’Università della Svizzera italiana non l’abbiamo costruita a Corippo? Perché non avrebbe senso, è in periferia. Però anche i cittadini di Corippo hanno pagato i contributi cantonali che sono serviti per realizzare l’Università. Che dobbiamo fare? Penalizzare e dimenticare le zone periferiche solo perché sono fuori dalle aree urbane?
Con le aggregazioni, molti Comuni si trasformano in quartieri. Qual è il vero impatto sui cittadini?
L’impatto c’è, eccome. Se non si fa attenzione, si rischia di perdere per strada sagre e tradizioni varie. Per correre ai ripari bisogna rivalorizzare la funzione delle commissioni di quartiere, un’istituzione che dovrà avere sempre più peso. Non serve a nulla brontolare e basta: far parte di una commissione di quartiere o semplicemente partecipare alle assemblee di quartiere è un modo per fare sentire la propria voce.
Non trova che certe professioni, come ad esempio quella di avvocato, siano sovrarappresentate nelle liste per le elezioni comunali? Almeno su scala comunale, non servirebbe maggiore eterogeneità?
Oggi c’è la tendenza a mettere in lista gente più preparata dal profilo delle conoscenze delle norme. Avvocati, fiduciari, eccetera. È un fatto legato alla questione delle applicazioni delle leggi. Per tutti gli altri ci sono comunque i corsi organizzati dalla Sezione degli enti locali. Uno non può più fare il municipale senza avere delle basi, l’amministrazione di un Comune è sempre più complessa. La politica è l’arte di amministrare le cose. Ed è proprio nel Comune che si capisce cos’è davvero la politica.
Forse. Però chi viene tagliato fuori ha sempre la possibilità di presentare la propria lista.
A Preonzo tutti i seggi saranno occupati da rappresentanti di un solo partito: non sarebbe il caso d’intervenire?
Dal momento che non siamo fuori legge, no. Non è una cosa normale, ma può capitare. Tutti hanno avuto la possibilità di presentare delle candidature, ma non lo hanno fatto. Che io sappia non ci sono stati sotterfugi.
In diversi Comuni proliferano le liste civiche. Cosa ne pensa?
È un fenomeno di distacco dai partiti tradizionali, un po’ troppo paternalistici. Si ha voglia di novità, si è creata una nuova mentalità, idee nuove. Soprattutto si fa passare l’idea che chi fa parte di una lista civica ha la possibilità di essere sé stesso, di essere svincolato dalle direttive soffocanti di un partito. L’idea in linea teorica è buona, la politica dovrebbe essere sempre così.
A volte si sente dire che alcuni candidati si mettono in lista solo per fare numero o per ragioni di facciata. Non le sembra una mancanza di rispetto nei confronti dell’elettore?
Attenzione, è un tema molto delicato. Nessuno di noi può davvero stabilire se un candidato è motivato o no. È chiaro che per i partiti è importante avere un buon numero di persone in lista ed è altrettanto chiaro che in pochi nascono con la passione per la cosa pubblica nel Dna. Da sempre partiti e movimenti cercano di coinvolgere nuove leve: può dunque capitare che magari uno si trovi in lista apparentemente senza una grande convinzione per poi vedere crescere il suo interesse e la sua motivazione strada facendo.
In alcuni Comuni, le lungaggini burocratiche sono all’ordine del giorno. Non sarebbe una valida soluzione ridurre il numero di seggi per Municipio e Consiglio comunale? In questo modo, diverse decisioni potrebbero essere prese più velocemente…
Non sono d’accordo. Quando sento dire che la politica è lenta, mi arrabbio. Questi sono i ragionamenti dell’economia, che ha bisogno di avere risultati in fretta. Quando si tratta di questioni importanti, riguardanti tutta la comunità, bisogna prendersi il giusto tempo per trattarle. Viviamo in una società frenetica che vuole tutto e subito, questo è il problema.
Grazie al sistema dei contributi di livellamento, pensato negli anni ’80, i Comuni forti aiutano i più deboli. C’è chi vorrebbe rimetterlo discussione, i Comuni ricchi sono stufi di sborsare per gli altri.
Credo sia una delle migliori conquiste della nostra democrazia. Si tratta di una ridistribuzione corretta di tutti i proventi fiscali che si incassano sul territorio. Chi non è d’accordo, non conosce il problema di fondo. Perché l’Università della Svizzera italiana non l’abbiamo costruita a Corippo? Perché non avrebbe senso, è in periferia. Però anche i cittadini di Corippo hanno pagato i contributi cantonali che sono serviti per realizzare l’Università. Che dobbiamo fare? Penalizzare e dimenticare le zone periferiche solo perché sono fuori dalle aree urbane?
Con le aggregazioni, molti Comuni si trasformano in quartieri. Qual è il vero impatto sui cittadini?
L’impatto c’è, eccome. Se non si fa attenzione, si rischia di perdere per strada sagre e tradizioni varie. Per correre ai ripari bisogna rivalorizzare la funzione delle commissioni di quartiere, un’istituzione che dovrà avere sempre più peso. Non serve a nulla brontolare e basta: far parte di una commissione di quartiere o semplicemente partecipare alle assemblee di quartiere è un modo per fare sentire la propria voce.
Non trova che certe professioni, come ad esempio quella di avvocato, siano sovrarappresentate nelle liste per le elezioni comunali? Almeno su scala comunale, non servirebbe maggiore eterogeneità?
Oggi c’è la tendenza a mettere in lista gente più preparata dal profilo delle conoscenze delle norme. Avvocati, fiduciari, eccetera. È un fatto legato alla questione delle applicazioni delle leggi. Per tutti gli altri ci sono comunque i corsi organizzati dalla Sezione degli enti locali. Uno non può più fare il municipale senza avere delle basi, l’amministrazione di un Comune è sempre più complessa. La politica è l’arte di amministrare le cose. Ed è proprio nel Comune che si capisce cos’è davvero la politica.
Peccato che non è andato in lista, la sua esperienza poteva essere utile per il buon funzionamento del Municipio.
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