giovedì 20 ottobre 2022

NON APRITE QUELLA PORTA

I lupi saranno sempre di più e busseranno alle nostre porte

Finito lo spauracchio del virus e in via di smaltimento guerra e energia é l'ora del povero lupo

Tra gli agricoltori c'è la consapevolezza che la popolazione dei canidi selvatici aumenterà in maniera importante nei prossimi anni. Entrando sempre più in contatto con l'essere umano. «Non ho alcun problema ad ammetterlo: ho paura. Paura di quello che potrebbe arrivare. Di quello che potrebbe accadere alla mia attività». Angela Policelli, 40enne di Santa Maria in Calanca è una contadina di montagna. Ha una quarantina di capre e quattro cavalli. Tre volte mamma, ha scelto la via dell'agricoltura una decina di anni fa. Oggi si trova confrontata con nubi oscure all'orizzonte. E c'è una parola di quattro lettere che le fa venire i brividi. Lupo. «Non ho ancora subito predazioni. Ma so che il lupo arriverà prima o poi. Mi sto preparando psicologicamente». La zona di Santa Maria in Calanca. Anche in Mesolcina e Calanca il lupo si sta riproducendo piuttosto rapidamente. Le cifre indicano che da gennaio 2022 in tutto il Canton Grigioni c'è stata una dozzina di attacchi con una quarantina di animali da reddito morti. Una cinquantina i lupi registrati ufficialmente. «Nel mio caso – sospira Angela – il problema è che il territorio è davvero troppo impervio per piazzare delle recinzioni. Ci sono sassi, dirupi, pendii. Come fai? Il lupo le scavalca come niente. Però non mi sto piangendo addosso. Anzi. Da circa un anno ho ingaggiato un pastore per le mie capre quando tornano dall'alpe. Da noi c'è il vago pascolo. È una tradizione. Mentre di notte le capre vengono messe in un recinto elettrificato. Questo probabilmente non basterà. Infatti ho in previsione di prendere due cani da protezione di razza Kangal. Sono un pochino più socievoli nei confronti dell'essere umano rispetto ad altre razze». Chi di cani da protezione è parecchio pratico è Alberto Stern, 50enne allevatore di Lostallo. La sua azienda famigliare conta 220 ovini, compresi gli agnelli, e una trentina di capre. Ma soprattutto quattordici cani. «Ho puntato su Pastori dell'Anatolia e su Cani di montagna dei Pirenei. Quattro di questi cani sono ancora in formazione. Me ne occupo io direttamente, mi piace. Sono anche veterinario e in un certo senso è un vantaggio». Stern è un precursore. Perché i cani ha iniziato a prenderli all'inizio degli anni 2000, quando del lupo si parlava ancora poco. «Fu una predazione a Monte Carasso a colpirmi. A quel punto parlai con alcuni biologi. Mi dissero che il lupo in futuro si sarebbe moltiplicato. Un invito alla prevenzione, a correre ai ripari. Mi sono lanciato in questa sfida. Ricordo che inizialmente mi prendevano in giro, mi dicevano che avevo più cani che bestiame. Oggi posso dire di avere fatto la scelta giusta, non ho timori verso il lupo e non ho quasi mai subito predazioni. Mi sento protetto, non ho timori particolari pur essendo consapevole che la popolazione dei lupi continuerà a crescere nei prossimi anni».Dubbi non da poco secondo Stern che potrebbero coinvolgere non solo la trentina di contadini sparsi tra Mesolcina e Calanca. «Prima o poi anche la popolazione comune potrebbe avere a che fare col lupo. Anche solo portando a spasso il cane. Non dobbiamo illuderci. Il lupo in un futuro non troppo lontano potrebbe passare ai bovini, agli equini e forse anche ad altri animali. Il legame con le attività dell'essere umano si intensificherà ancora di più. E la verità è che non c'è il tempo per implementare così tante misure di protezione per fare fronte agli attacchi dei lupi. Forse è davvero il caso che le autorità trovino una strategia per permettere agli allevatori di munirsi degli strumenti protettivi necessari e di abituarsi ad averli. E questo lo si può fare solamente frenando in qualche modo l'espansione del lupo. Magari abbattendo alcuni capi in modo da rallentare la pressione sugli allevatori. Penso che possa essere un compromesso percorribile. Lo dico con cognizione di causa: nella zona di Flims, dove vanno le mie bestie d’estate, c’è stato un calo delle nascite dei lupi. E questo ha portato anche a un numero decisamente minore di predazioni. Il lupo c’è. E non vogliamo farlo sparire. Si deve trovare una via di mezzo ragionevole però».Priska Maggini, 23 anni, di Castaneda, collabora con l’azienda di famiglia. Nella vita di tutti i giorni fa la guardia di confine. E l’agricoltura per lei è un’attività accessoria. «Abbiamo un’ottantina di capre. Per fortuna non abbiamo ancora avuto a che fare col lupo. Ma non possiamo starcene con le mani in mano. Al momento le nostre bestie sono sull’alpe e siamo consapevoli che ogni giorno che non sentiamo cattive notizie è un giorno guadagnato. Anche io come Angela ho fatto ricorso al pastore. È un progetto che abbiamo creato insieme in ottica preventiva». Priska in futuro vorrebbe fare la contadina a tempo pieno. «L’attività al momento mi assorbe già tutto l’anno, ma mi immagino un giorno di potere vivere di questo. Chiaramente mi sono posta più volte la domanda sul lupo. È iper protetto. E dunque per noi è scoraggiante. La vita del contadino dovrebbe essere al cento per cento all’aria aperta, ma c’è un sacco di burocrazia. E anche la questione del lupo genera tantissima burocrazia. Noi poi abitiamo nei Grigioni e spesso i formulari sono in tedesco, dovendo comunicare con Coira. Insomma, nonostante l’entusiasmo che mi porto addosso, sono anche cosciente che quella che mi attende è una strada davvero in salita. Mi aspetto maggiore comprensione sulla tematica del lupo. Tante volte noi agricoltori veniamo visti come quelli che vogliono la pappa pronta e che piangono. Siamo arrivati a un punto in cui siamo costretti a convivere col lupo. E ci può stare. Ma al posto di avere tanti branchi, magari si potrebbe ridurli. Non temporeggiare sperando in un equilibrio che potrebbe arrivare solo tra dieci o venti anni. È bruttissimo trovare i propri animali sbranati. Tu sai quanta fatica hai fatto per crescerli, per farli stare bene. Quando sento parlare di recinzioni in territori morfologicamente impervi mi viene da scrollare la testa. Il lupo le aggira facilmente. La soluzione potrebbe stare nel connubio tra cane da protezione e recinzioni elettrificate per la notte. Però so che i cani in alcuni casi possono creare difficoltà con gli escursionisti. Ci manca l’esperienza. E manca anche agli escursionisti che spesso sono menefreghisti».Germano Mattei, co-presidente dell’Associazione Svizzera per un territorio libero dai Grandi Predatori, non vede grandi differenze tra Ticino e Grigioni italiano. «Sul fondovalle è dall’inizio dell’anno che ci sono problemi. Penso ad esempio al caso di Soazza dove due lupi avevano azzannato un cane. Un’ora dopo quei due lupi erano stati fotografati a San Vittore. Riceviamo lamentele regolarmente anche dalla Mesolcina e dalla Calanca. Io non so più cosa pensare. Il lupo è mobile. Non sta a guardare se c’è un confine tra Ticino e Grigioni, va dove gli pare. Siamo agli inizi della stagione alpestre, in tanti non sanno neanche come comportarsi, vivono nell’angoscia che capiti qualcosa da un momento all’altro. Stiamo cercando di convincere la Confederazione a cambiare strategia. Con la caccia preventiva ad esempio. Oppure dando l’autorizzazione ai Cantoni di abbinare cacciatori e guardiacaccia. Occorre inoltre fare pressione su Strasburgo per cambiare la convenzione di Berna che al momento garantisce al lupo una protezione assoluta. Il semplice concetto di protezione sarebbe più che sufficiente. Non si tratta più di un animale in via di estinzione. Anzi» Tipress Mariano Cominelli è stato colpito dal lupo. Nadia Filisetti, 55 anni, allevatrice di Giova (Buseno), è esasperata. «L’anno scorso mi sono state uccise 17 pecore in un’alpe sopra Soazza. Per me è stato sconvolgente. Ci penso ancora oggi. Di alcune pecore ho solo ritrovato dei rimasugli. Me ne sono rimaste 93. Faccio questo mestiere da trent’anni e non ho mai vissuto un momento tanto travagliato. La scorsa stagione ho dovuto riportare a casa le pecore il 24 luglio e ho avuto oltre 10.000 franchi di spese. Senza ricevere alcun rimborso. Quest’anno abbiamo cambiato alpe, nella zona di Bergün, una scelta forzata, sperando che vada meglio. Se capita ancora qualcosa del genere, io pianto lì tutto. I cani da protezione? Nel 2016 ho fatto il corso per tenerli. I funzionari sono venuti a valutare la mia azienda e mi hanno detto che sarebbero serviti due anni per averli. Dopo un anno, nessuno si era fatto vivo. Poi ho chiamato e mi hanno spiegato che non me li concedevano per motivi legati al vago pascolo che non ho neanche capito bene. Potete immaginarvi come io mi senta confusa. Cosa dovrò fare in autunno? Lasciare le pecore a spasso, non recintate, in balia del lupo? Qualcuno me lo spieghi. Perché io sto continuando a scrivere lettere senza ottenere risposte». Anche il giovane contadino Mariano Cominelli, 29enne di Cama, ha già avuto esperienze col lupo. «E non sono state positive. So i danni che mi ha creato. E ci ho sofferto molto. Questo è un mestiere che faccio per passione. Quello che trovi dopo una predazione è molto forte. Ti turba. Il lupo è una bestia astuta. Riesce a raggirare anche i cani. E io ne ho ben quattro. Ci sono dei limiti anche per quanto riguarda le normative di protezione. Sarebbe utile fare una regolamentazione federale e non solo cantonale per quanto riguarda l’abbattimento del lupo. Perché lo stesso lupo può fare una predazione qui nei Grigioni e poi sconfinare in Ticino e farne un’altra. Ma le vittime della sua predazione, essendo avvenute in due Cantoni diversi, non possono essere conteggiate in un unico complesso per poi decretare un eventuale abbattimento». da TIO

Nessun commento:

Posta un commento