Camminare sulla vecchia strada del Ceneri è come andare contro corrente.
Dal 1984 il valico può essere percorso in un soffio, utilizzando la
galleria. La “strada romana” richiede invece circa un’ora per poco più di
300 metri di dislivello e mille 400 di sviluppo: il tempo impiegato proprio
dai Romani, in passato incrollabili camminatori di Teresio Valsesia
Adesso i Comuni di Monteceneri e
del Gambarogno hanno affidato un
progetto di recupero conservativo all’ing.
Angelo Pirrami di Quartino, con
la collaborazione dell’ufficio dei beni
culturali e della Sezione della mobilità.
Non si tratta solo di normali interventi
di manutenzione, ma anche di restauro
completo e di valorizzazione,
tenuto conto che la strada è iscritta
nell’inventario della Vie Storiche della
Svizzera.
«Chi ha percorso almeno una volta la
vecchia mulattiera? Non molti certamente
», notava parecchi anni fa su
“Terra Ticinese” Diego Invernizzi,
apprezzato cultore di cose gambarognesi.
«Il Monscendrin è la viottola più antica
del passo della quale esiste tuttora
buona parte del tracciato, comunemente
indicato come percorso
"romano"», aggiungeva lo storico
Giuseppe Mondada.
L’acciottolato – migliaia e migliaia di
sassi provenienti dalle secolari buzze
del Ticino – non è stato forse calcato
dalle legioni di Cesare e nemmeno
dagli africani di Annibale. Ma bisogna
comunque ripercorrerlo con i
“calzari della storia”, con l’emozione
di osservare i tratti consumati e levigati
dai viaggiatori nel corso di qualche
millennio. Così si risuscitano le
memorie e le leggende del passato,
popolato da briganti e grassatori. Robasacco
non dev’essere un toponimo
estemporaneo e occasionale.
C’è una bretella che sale da Contone,
ma la strada più breve parte da via S.
Giorgio di Quartino. Dopo un centinaio
di metri, piegare a destra e, percorso
mezzo chilometro asfaltato, ecco
i ciottoli, inghiottiti dal bosco che
ci accompagnerà fino al valico. Noccioleti,
querce, sorbi, ontani, saliconi
e candide betulle. È il ventre ombroso
della selva che sembra proteggere
la salita da ogni contaminazione.
Pungitopi e agrifogli (alcuni eccezionalmente
maestosi) si alternano a castagni
che sono dei patriarchi, «alberi
che contrassegnavano in larga misura
il Ceneri», aggiunge Mondada.
All’abbacchio e al raccolto contribuivano
anche i verzaschesi che transumavano
al Piano e avevano la possibilità
di “rüspà”, cioè di fare bottino
delle castagne tardive, in posti scomodi,
o sfuggite all’occhio dei proprietari.
I posti scomodi. Di fianco corre il selvaggio
vallone del Trodo che si inabissa
fra pareti scoscese.
I rumori del Piano arrivano ovattati
e lontani. Pare di essere sospesi fra
due mondi. Al valico però siamo immersi
forzatamente nella realtà di
una delle strade più battute d’Europa.
La salita è dolce, salvo due piccole
rampe, tracciata secondo le antiche,
inappuntabili regole dell’arte
stradale. Sembra di aver camminato
fuori dal tempo, ritornando indietro
di venti secoli
Poche parole, era ora di mettere in ordine guesta strada pregiata !
RispondiEliminaAchi.