le cose brutte che accadono nel mondo accadono non tanto perché ci sono le persone cattive ma perché le persone buone non fanno nulla (Gramsci)

venerdì 3 maggio 2013

Quante braccia?


Quante braccia?
 
Una domanda di fondo che la politica agricola e quindi la società dovrebbe porsi è legata al numero di addetti ai lavori minimo che il settore agricolo dovrebbe avere.
Il trend dell’evoluzione del numero di aziende agricole a livello svizzero, definito spesso come processo di ristrutturazione del settore,  è in continua discesa.
Questo processo è in atto da decenni in tutto il mondo e le aziende scompaiono per lasciare spazio a più grandi. Aziende che diventano più grandi, in passato grazie all’introduzione della chimica e della meccanizzazione e ora grazie agli ogm.
Valutiamo la sostenibilità di questa evoluzione. Dal lato economico i vantaggi dell’ingrandimento delle aziende che numericamente inferiori riescono a gestire lo stesso territorio, sono evidenti e portano ad un marcato aumento della produttività e ad una forte diminuzione dei costi di produzione degli alimenti. Dal lato ambientale l’elevato livello di biodiversità raggiunto negli anni in cui il lavoro era praticamente esclusivamente manovale non ha paragone rispetto a quello di una biodiversità in emergenza di oggi. E dal lato sociale? Oggi spesso mi permetto di parlare di solitudine del settore e di distacco del resto della società dalle conoscenze e dalle esigenze dell’agricoltura e dell’alimentare. L’esempio più gettonato per spiegare l’allontanamento da madre natura è quello del pacco di latte che il bambino pensa venga fatto dal negozio e non dalla mucca. Anche a livello politico e amministrativo è chiaro che un settore numericamente poco importante ben difficilmente riesce a farsi capire per cui è facilmente in balia dell’ignoranza, di tendenze e mode della società, ma anche dell’economia. Mi sono addirittura spinto a dire che con la nuova politica agricola 14 -17 il settore agricolo è messo sotto tutela.
Non sono un nostalgico e conosco anche le ristrettezze finanziarie e i sacrifici richiesti dal vecchio sistema agricolo basato sulle braccia. Non possiamo però nemmeno condividere scenari in cui il numero di aziende agricole diventa estremamente piccolo e di elementi per preoccuparci ne abbiamo già parecchi da tempo.
È indispensabile per una società stabile che nel settore agricolo ci mettano piede e vi pratichino l’attività più persone. Un equilibrio adeguato tra popolazione attiva e addetti al settore agricolo permetterebbe di ricevere, condividere e comprendere meglio le esigenze e l’importanza della natura utilizzata a scopi alimentari. Questo tasto dall’attuale politica agricola federale viene totalmente disatteso ma la sfida futura del settore sarà proprio questa se non vorremo essere totalmente in balia di economia e disinformazione. L’alimentare e la natura meritano più attenzione e meno businnes.

   

                                               Cleto Ferrari, Segretario agricolo dell’Unione contadini ticinesi
                                                                        
                                              

1 commento:

  1. bisognerebbe che la POLITICA incentivasse il consumo di prodotti locali. E tutti dovremmo dare il buon esempio.

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