Quante braccia?
Una domanda di fondo che la politica agricola e quindi la
società dovrebbe porsi è legata al numero di addetti ai lavori minimo che il
settore agricolo dovrebbe avere.
Il trend dell’evoluzione del numero di aziende agricole a
livello svizzero, definito spesso come processo di ristrutturazione del
settore, è in continua discesa.
Questo
processo è in atto da decenni in tutto il mondo e le aziende scompaiono per
lasciare spazio a più grandi. Aziende che diventano più grandi, in passato grazie
all’introduzione della chimica e della meccanizzazione e ora grazie agli ogm.
Valutiamo la sostenibilità di questa evoluzione. Dal lato
economico i vantaggi dell’ingrandimento delle aziende che numericamente
inferiori riescono a gestire lo stesso territorio, sono evidenti e portano ad
un marcato aumento della produttività e ad una forte diminuzione dei costi di
produzione degli alimenti. Dal lato ambientale l’elevato livello di
biodiversità raggiunto negli anni in cui il lavoro era praticamente esclusivamente
manovale non ha paragone rispetto a quello di una biodiversità in emergenza di
oggi. E dal lato sociale? Oggi spesso mi permetto di parlare di solitudine del
settore e di distacco del resto della società dalle conoscenze e dalle esigenze
dell’agricoltura e dell’alimentare. L’esempio più gettonato per spiegare
l’allontanamento da madre natura è quello del pacco di latte che il bambino
pensa venga fatto dal negozio e non dalla mucca. Anche a livello politico e
amministrativo è chiaro che un settore numericamente poco importante ben
difficilmente riesce a farsi capire per cui è facilmente in balia dell’ignoranza,
di tendenze e mode della società, ma anche dell’economia. Mi sono addirittura
spinto a dire che con la nuova politica agricola 14 -17 il settore agricolo è
messo sotto tutela.
Non sono un nostalgico e conosco anche le ristrettezze
finanziarie e i sacrifici richiesti dal vecchio sistema agricolo basato sulle
braccia. Non possiamo però nemmeno condividere scenari in cui il numero di
aziende agricole diventa estremamente piccolo e di elementi per preoccuparci ne
abbiamo già parecchi da tempo.
È indispensabile per una società stabile che nel settore
agricolo ci mettano piede e vi pratichino l’attività più persone. Un equilibrio
adeguato tra popolazione attiva e addetti al settore agricolo permetterebbe di
ricevere, condividere e comprendere meglio le esigenze e l’importanza della
natura utilizzata a scopi alimentari. Questo tasto dall’attuale politica
agricola federale viene totalmente disatteso ma la sfida futura del settore
sarà proprio questa se non vorremo essere totalmente in balia di economia e
disinformazione. L’alimentare e la natura meritano più attenzione e meno
businnes.
Cleto
Ferrari, Segretario agricolo dell’Unione contadini ticinesi
bisognerebbe che la POLITICA incentivasse il consumo di prodotti locali. E tutti dovremmo dare il buon esempio.
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